L’opinione pubblica è stata sviata ancora una volta dal polverone sollevato dal Corriere della Sera su una presunta lista di putiniani contrari al riarmo dell’Ucraina. Notizia platealmente smentita dal capo dei servizi segreti Gabrielli e dal Presidente del Copasir Urso. Resta da capire perché un giornale di così alto prestigio come il Corriere della Sera abbia dato una notizia che appare totalmente falsa. Ci si domanda se si tratta di un tentativo di distrarre l’opinione pubblica dai veri problemi, oppure del tentativo, mal riuscito, di intimorire coloro che hanno il coraggio di esprimere democraticamente il proprio parere su argomenti di vitale importanza per la Nazione.

Per quanto riguarda le vicende che avvengono sul campo di battaglia, è da dire che l’avanzata russa continua lentamente, ma inesorabilmente in tutto il Donbass. Sul piano diplomatico ha fatto scalpore la dichiarazione del Ministro degli esteri russo Lavrov, il quale ha affermato che qualora gli Usa forniscano missili a lunga gittata altrettanto farà la Russia. Forse, involontariamente, Lavrov ha posto in maniera molto seria il problema della legittima difesa in caso di aggressione del territorio. Ricordo in proposito che l’articolo 52 del Codice penale, riguardante la legittima difesa, sancisce che: “Chi ha commesso il fatto, per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio o altrui contro il pericolo attuale di una offesa ingiusta, non è punibile, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa”.

Come si nota, questo articolo riguarda i rapporti inter-individuali, cioè tra singoli soggetti, e non può essere trasportato su un piano generale, poiché, per quanto riguarda i rapporti tra i Popoli sono da attuare norme ben diverse di carattere costituzionale, le quali superano il problema della legittima difesa e affermano, su un piano ben più alto, che la difesa della Patria è dovere sacro del cittadino (art. 52 Cost.), utilizzando il nome Patria non limitatamente al territorio, ma ovviamente alle due fondamentali componenti dello Stato-Comunità e cioè il Popolo e il territorio, nonché l’articolo 11 della Costituzione, nel quale l’affermazione di maggior peso è quella contenuta nelle prime parole dell’articolo medesimo, secondo le quali l’Italia ripudia la guerra, non solo come strumento di offesa, ma anche come mezzo di strumento di risoluzione delle controversie internazionali, si tratta invero di due piani costituzionalmente diversi tra di loro.

Dunque il concetto più importante è che la Costituzione è comunque contro la guerra e il problema di difendersi o meno contro l’aggressore dipende da una scelta oculata dei governanti, i quali devono porre a base delle loro decisioni lo sterminio che la guerra produce tra i propri governati e gli infiniti effetti economici che dalla guerra provengono. Ne consegue che, secondo la Costituzione, i rappresentanti del Popolo devono far di tutto per evitare la guerra, e non sono affatto legittimati a fomentarla, magari con l’invio di armi. Voglio dire che il principio di solidarietà, di cui all’articolo 2 della Costituzione, secondo il quale la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo (tra i quali c’è il diritto alla pace) sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale, impone un’alleanza tra le potenze mondiali per evitare che, anziché usare la ragione, si faccia ricorso alla forza.

Questa interpretazione è confermata anche da una lettura ermeneutica delle norme costituzionali seguendo l’insegnamento del Betti, in base al quale l’interpretazione dei principi e dei diritti fondamentali va dedotta dal sistema costituzionale, un sistema che nella sua interezza ripudia la guerra e, come recita il secondo comma dell’articolo 3 della Costituzione, rimuove ogni ostacolo di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini impediscono il piano sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese, come si nota un inno alla pace, alla giustizia e alla vita che esclude ogni invio di armi.

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