“Quando sento dire che sono razzista mi sembra di impazzire. Ma se ho una famiglia di emigranti che ha dovuto lasciare la Calabria per cercare fortuna come diavolo potrei essere razzista?”. Parole di Rino Gattuso, che ha rilasciato una lunga intervista a Walter Veltroni, per il Corriere della Sera, alla vigilia della nuova avventura in panchina, in Spagna, a Valencia. Avventura partita con polemiche, le stesse che avevano accompagnato Gattuso quando era stato vicinissimo al Tottenham: dichiarazioni del passato dal sapore discriminatorio. Ma l’etichetta del razzista Gattuso la respinge nettamente: “In un caso ho detto che il matrimonio è tra uomo e donna, nel 2008…ma poi ho aggiunto che per me ognuno è libero di fare ciò che vuole, ed è quello che penso. Ogni libertà, compresa quella dei comportamenti sessuali è benvenuta, è segno di progresso”. Non solo, le contestazioni arrivano anche in merito a considerazioni di Gattuso sulle capacità gestionali delle donne, quando Barbara Berlusconi subentrò a Galliani nel Milan: “C’era lo stato d’animo di chi considerava e considera Galliani come la persona migliore che ha incontrato nel calcio. Quando ho capito che il suo ciclo al Milan stava finendo ho sofferto molto. Non confermo quelle dichiarazioni, assolutamente: le donne fanno come e meglio degli uomini, lo dimostrano ovunque, nei governi, nelle aziende, in ogni settore”.

Accuse ridicole dunque secondo Gattuso: “Vengo da un paese di pescatori, da una famiglia di falegnami. Mio padre è andato a lavorare in Germania per un anno e mezzo. Un quarto della mia famiglia è sparso nel mondo. Come potrei essere razzista?”. Certo, ci sono cose di cui si pente: “La testata a Joe Jordan: di quella mi vergogno. E’ un errore: ho un figlio di quattordici anni, mi vergogno quando mi chiede conto di quella follia”. E poi c’è il Gattuso allenatore, quello che rinuncia ai soldi per il suo staff, o addirittura ci rimette di tasca propria: “Al Milan ho rinunciato a cinque milioni e mezzo netti. Una parte è andata a pagare il mio staff che altrimenti sarebbe rimasto a piedi. Ma non mi è pesato più di tanto: il Milan mi ha trasformato la vita. A Pisa invece i soldi ce li ho messi di tasca mia ma sono stato felice, avevamo centrato una promozione bellissima in B e la società era in difficoltà”.

E Ringhio si è aperto anche sulla malattia che per un periodo lo ha tormentato anche a Napoli: “Mai nascosto nulla. Ho una malattia autoimmune che si chiama miastenia oculare. E’ sotto controllo e non comporta limitazioni al mio lavoro, infatti ho sempre allenato e non male. Anche a Napoli, dove ho allenato grandi giocatori in una grande società”. Infine il mondiale 2006: “Lo abbiamo vinto da predestinati alla sconfitta. Lo abbiamo vinto grazie a Lippi: ricordo che dopo una conferenza a Coverciano, in cui parlai per 35minuti della sconfitta del Milan a Istanbul, entrò in stanza furioso e mi ha sfondato. Mi disse che ero lì con la maglia azzurra, e di quello dovevo parlare. In dieci minuti mi insegnò tanto. Suo il merito principale di quella vittoria”.

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