Quattro giorni di ricovero dopo la puntura, la comparsa dei sintomi a distanza di giorni di incubazione, quindi il decesso. È morta a causa della puntura di una zecca una 70enne di Ulassai, in Ogliastra, che dal 2 giugno era ricoverata a Lanusei in seguito a una grave infezione, la rickettsiosi, provocata dal parassita. La pensionata si era presentata nella struttura ospedaliera con febbre altissima, mal di testa, stanchezza, dolori muscolari e alle articolazioni. Alcuni giorni prima si era accorta di avere sulla cute l’insetto, liberandosene subito ma senza darne troppo peso perché non accusava alcun sintomo. La situazione è però peggiorata, fino al ricovero in ospedale e alla conferma della diagnosi. I medici hanno iniziato subito a somministrarle le terapie, ma l’anziana non ha mai risposto alle cure.

Le malattie trasmesse – Le zecche sono aracnidi, come ragni, acari e scorpioni e hanno una grandezza che varia da qualche millimetro a circa 1 centimetro a seconda di stadio di sviluppo e specie. Dopo essersi poggiate sulle cute, soprattutto in periodi primaverili ed estivi, con il loro rostro (la bocca) “mordono” penetrando la cute e succhiano il sangue. Con la loro puntura – si legge sul sito dell’Iss – sono in grado di trasmettere agenti patogeni in grado di provocare gravi patologie come, oltre alla rickettsiosi, la borreliosi di Lyme, l’ehrlichiosi, le febbri bottonose da rickettsiae, la tularemia, la febbre Q, la babesiosi, l’encefalite virale ed anche la febbre emorragica Crimea-Congo, associata in particolare a specie del genere Hyalomma. “La puntura della zecca non è di per sé pericoloso per l’uomo, i rischi sanitari dipendono invece dalla possibilità di contrarre infezioni trasmesse da questi animali in qualità di vettori”, spiega l’Istituto superiore di Sanità.

I rischi e la prevenzione – “La maggior parte di queste malattie può essere diagnosticata esclusivamente sul piano clinico, ma una pronta terapia antibiotica, nelle fasi iniziali, è generalmente risolutiva in particolar modo per le forme a eziologia batterica. Solo raramente (fino al 5% dei casi) e in soggetti anziani o bambini queste infezioni possono essere pericolose per la vita”, assicura l’Iss. Sotto il profilo della prevenzione, soprattutto per chi frequenta luoghi solitamente scelti come habitat dalle zecche, l’Istituto consiglia di indossare abiti chiari, coprire le estremità, soprattutto inferiori, con calze chiare, utilizzare pantaloni lunghi e preferibilmente un cappello, evitare di strusciare l’erba lungo il margine dei sentieri, non addentrarsi nelle zone in cui l’erba è alta al termine dell’escursione, effettuare un attento esame visivo e tattile della propria pelle, dei propri indumenti e rimuovere le zecche eventualmente presenti.

I repellenti – Le zecche tendono a localizzarsi in particolare sulla “testa, sul collo, dietro le ginocchia, sui fianchi trattare sempre gli animali domestici (cani) con appositi prodotti contro le zecche, soprattutto a ridosso di una escursione controllare, scuotere ed eventualmente spazzolare gli indumenti prima di portarli all’interno delle abitazioni per poi lavarli. “Inoltre, in commercio esistono repellenti per insetti e anche per scoraggiare l’attacco delle zecche (a base di DEET o N-dietiltoluamide e Icaridina o KBR3023)”, dice ancora l’Istituto superiore di sanità. “Se individuate sulla pelle, le zecche vanno prontamente rimosse perché la probabilità di contrarre un’infezione è direttamente proporzionale alla durata della permanenza del parassita sull’ospite”. Infatti, dice l’Iss, solo dopo un certo periodo in cui è saldamente ancorata per alimentarsi, la zecca “rigurgita parte del pasto e potrebbe inoculare nel sangue dell’ospite eventuali patogeni”.

Cosa fare (e cosa no) per rimuoverla – Nel caso in cui venisse individuata una zecca, l’Iss consiglia di non provare a rimuoverla con “alcol, benzina, acetone, trielina, ammoniaca, olio o grassi, né oggetti arroventati, fiammiferi o sigarette per evitare che la sofferenza indotta possa provocare il rigurgito di materiale infetto e un ulteriore affondamento del parassita nella pelle dell’ospite”. È possibile invece afferrarla “con una pinzetta a punte sottili, il più possibile vicino alla superficie della pelle”, rimuovendola “tirando dolcemente cercando di imprimere un leggero movimento di rotazione”. In commercio, spiega l’Iss, si possono trovare in commercio degli “specifici estrattori che permettono di rimuovere la zecca con un movimento rotatorio”, ma “durante la rimozione bisogna prestare la massima attenzione a non schiacciare il corpo della zecca, per evitare il rigurgito che aumenterebbe la possibilità di trasmissione di agenti patogeni”.

Cosa fare dopo e occhio ai sintomi – Una volta rimosso l’animale “disinfettare la zona, evitando l’utilizzo di disinfettanti che colorano la cute, come la tintura di iodio evitare di toccare a mani nude la zecca nel tentativo di rimuoverla, le mani devono essere protette (con guanti) e poi lavate spesso il rostro rimane all’interno della cute: in questo caso deve essere estratto con un ago sterile o con pinzette a punte sottili adeguatamente sterilizzate”. Dopo la rimozione, l’Istituto consiglia inoltre di “effettuare la profilassi antitetanica, rivolgersi al proprio medico curante nel caso si noti un alone rossastro che tende ad allargarsi oppure febbre, mal di testa, debolezza, dolori alle articolazioni, ingrossamento dei linfonodi”. La somministrazione di antibiotici per uso sistemico nel periodo di osservazione è “sconsigliata”, perché “può mascherare eventuali segni di malattia e rendere più complicata la diagnosi”. Nel caso in cui, per altre ragioni, fosse necessario iniziare un trattamento antibiotico, è “opportuno impiegare farmaci di cui sia stata dimostrata l’efficacia sia nel trattamento delle rickettsiosi che delle borreliosi”.

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