di Stefano Briganti

Per una volta, voglio provare a guardare al conflitto russo-ucraino, non in termini di aggressore-aggredito, ma di chi vincerà cosa e di chi perderà cosa.

Gli attori sul campo sono Ucraina e Russia, che combattono la guerra fisica: la Russia con i propri soldati e armi e l’Ucraina con i suoi uomini, soldati e civili e con armi fornite da Usa, Ue & Co. Questi ultimi sono anche i registi di un nuovo tipo di “guerra”, quella economica, che è la più interessante per loro. Qui l’Europa si configura come fosse il 51mo Stato degli Stati Uniti, tanto è assertiva e in sintonia con le indicazioni di Washington. A corollario ci sono altri Paesi che sfruttano le conseguenze delle azioni di queste guerre per trarne il massimo vantaggio possibile, restando fuori dai conflitti: i paesi Brics.

Cosa voleva la Russia? La denazificazione dell’Ucraina: ora ha il trofeo dei 2500 soldati del battaglione Azov che ormai anche l’Occidente ha dovuto ammettere avere radici e ideologie ispirate al nazismo di Stepan Bandera (anche se c’è chi li ha definiti “nazisti buoni”). L’indipendenza del Donbass: in un modo o nell’altro si troverà una formula geopolitica di “autonomia” che lo sgancerà dall’Ucraina così da salvare la faccia di tutti. No Nato in Ucraina: Kiev riceverà una forma di sicurezza tipo “art 5 Nato” pur non entrando nella Nato. La Russia nel medio-breve termine soffrirà economicamente ma recupererà in modi diversi nel lungo. Avrà una Nato più agguerrita in Europa che vuol dire nuova Guerra Fredda.

Cosa avrà l’Ucraina? Una visibilità sul palcoscenico internazionale alla “corte di chi conta” altrimenti impensabile. Canali commerciali nuovi e privilegiati e un fiume di soldi Usa e Ue e russi (come parte dell’accordo di pace) per ricostruire ma anche costruire quello che altrimenti non gli sarebbe stato mai possibile fare. Piangerà migliaia di morti civili e militari ma, come tutti i grandi lutti di guerra, verrà “metabolizzato” con gli anni.

Cosa ci guadagnano gli Usa? Lo hanno dichiarato: un lungo e forte indebolimento economico ed isolazionismo del loro arcinemico Russia. L’industria bellica americana farà un gigantesco business, così come l’industria estrattiva di gas che rifornirà anche l’Europa dalla quale gli Usa otterranno una maggiore “dipendenza” sulle decisioni geopolitiche di Washington e un ruolo rinforzato della Nato (con nuove mire indo pacifiche). Cosa ci perderà? Niente, se non, forse, un indebolimento del dollaro come valuta di riferimento per investimenti.

Poi ci sono i Paesi Brics che producono il 25% del GDP mondiale. Già oggi la Cina riceve nuove forniture di gas e petrolio russi a buon prezzo e l’India ottiene a prezzi di favore grosse partite di carbone e petrolio crudo russi. Assieme al Pakistan sono loro i nuovi “importatori” del petrolio lasciato dalla Ue di cui parla Mosca. La loro industria produrrà a costi più competitivi rispetto alla Ue. Le transazioni economiche Russia-India-Cina avvengono in rubli, rupie e yuan e non più in dollari: più sicure da possibili “congelamenti” unilaterali. La quota dello yuan nel volume degli scambi pronti è aumentata notevolmente dallo 0,5% di gennaio al 7% di aprile.

L’Europa? Non guadagnerà nulla se non nell’industria bellica per armamenti nazionali e Nato che, uniti alla dipendenza americana, la faranno diventare il “watchdog” di Washington della Russia, mentre gli Usa si potranno “dedicare” al loro nuovo “nemico”: la Cina. L’Europa dovrà lottare per rimanere competitiva nell’industria globale. In particolare l’Italia che senza nucleare e con poche rinnovabili dovrà incrociare le dita che i suoi nuovi “fornitori” africani di gas via nave siano “affidabili”, mentre dovrà gestire il 30% (stimato) in più di costo delle forniture di gnl incluse quelle Usa.

Illuminante la dichiarazione di Biden del 21 marzo, a meno di un mese dall’inizio del conflitto, ai big ceo americani: “C’è un nuovo mondo adesso là fuori e noi (Usa) lo guideremo. Noi terremo unito l’intero mondo libero per riuscirci”. Chiaro, no?

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