Ad un concorso docenti, oggi, in Italia, è stato richiesto ad un candidato di svolgere una prova orale sulla “razza europea”. La vicenda è incredibile e raccapricciante, e testimonia di un certo livello di ignoranza e insensibilità da parte della commissione esaminatrice. Vale però la pena di esaminare l’aspetto “scientifico” della vicenda.

Gli esseri viventi si classificano in gruppi distinti, il più chiaramente definito dei quali è la specie, la cui caratteristica è che i membri della stessa specie sono interfecondi e producono discendenti fertili. L’umanità è costituita dai membri della specie Homo sapiens. Mentre si possono definire gruppi filogenetici più ampi della specie, è abbastanza dubbia e arbitraria la definizione di gruppi più ristretti della specie, che andrebbero a costituire le razze.

Il problema è abbastanza semplice da descrivere: i singoli individui della stessa specie differiscono geneticamente tra loro perché la specie possiede un suo patrimonio genetico complessivo (il “pool” genico) dato dalle diverse varianti possibili (alleli) e dalle relative frequenze. Per fare un esempio semplice: nella specie umana esistono 4 gruppi sanguigni: 0, A, B, e AB, che dipendono dall’assortimento di tre varianti genetiche 0, A e B. Quasi ogni gruppo umano o popolazione possiede al suo interno tutte le varianti, ma nessun individuo le possiede tutte perché ciascuno di noi possiede soltanto una coppia di geni dei gruppi sanguigni: ad esempio 0 e 0, oppure 0 e A.

Una popolazione o gruppo etnico è caratterizzata da una certa distribuzione delle frequenze alleliche; ad esempio, secondo l’AVIS il 40% circa degli italiani è di gruppo 0, il 36% A, il 17% B e il 7% AB. In Finlandia le frequenze sono abbastanza diverse: 31%, 44%, 17%, 8%. Queste differenze sono certe perché misurate su campioni estremamente numerosi, e dimostrano che le popolazioni italiana e finlandese sono diverse per origine genetica. Le proprietà di una popolazione non coincidono con quelle dei suoi membri: nessun italiano è al 40% 0, al 36% A, al 17% B e al 7% AB; inoltre, dal punto di vista del gruppo sanguigno, un italiano di gruppo A è identico a un finlandese di gruppo A e diverso da un italiano di gruppo B.

Il concetto di razza è mal definito, ma nel contesto della zootecnia indica una popolazione drasticamente impoverita in alcune componenti del pool genico, al punto di azzerarne la variabilità interindividuale. Ad esempio i basset-hounds sono tutti portatori della variante genetica che causa il nanismo acondroplasico. Secondo questa definizione, la razza è un gruppo completamente artificiale, ottenibile soltanto mediante il controllo degli incroci da parte dell’allevatore, e scompare se l’animale è libero di accoppiarsi con qualunque partner della stessa specie.

Al contrario del concetto di popolazione, quello di razza può essere applicato tanto al gruppo quanto all’individuo. Volendo, è possibile in animali da laboratorio selezionare ulteriormente il pool genico e ottenere dei gruppi omogenei non su alcune varianti geniche, ma su tutto il genoma; si ottiene allora il “ceppo” costituito da individui geneticamente identici o quasi, che accettano trapianti di tessuti gli uni dagli altri senza rigetto.

Da quanto detto è evidente che l’umanità non può essere classificata in razze, semmai in popolazioni; e infatti nessuno tra i teorici del razzismo “classico” in voga fino alla metà del ‘900 fu mai in grado di trovare caratteristiche fisiche che permettessero di assegnare un membro della specie umana ad una “razza”: essendo le “razze” umane delle popolazioni, esse includono individui geneticamente diversi e più o meno tipici della popolazione di appartenenza. Il massimo che si può fare, con tecniche che non erano disponibili nel ‘900, è chiedersi quanto sia probabile che un certo individuo sia membro di una certa popolazione piuttosto che di un’altra; il grado di probabilità aumenta quanto più alto è il numero di geni considerato. Inoltre, i confini e la stessa definizione delle popolazioni sono sfumati, come è ovvio per gruppi interfecondi nei quali l’accoppiamento è libero: il pool genico degli italiani è diverso da quello dei finlandesi, ma in Italia stessa il pool genico degli italiani continentali è un pochino diverso da quello degli abitanti della Sardegna: non solo non esiste una “razza europea” ma è molto difficile stabilire quante popolazioni o sottopopolazioni abitino l’Europa.

Definire (bene) popolazioni e razze può servire per vari scopi, dall’analisi epidemiologica delle malattie genetiche al contrasto del razzismo; definirli a sproposito, come è implicito nel concetto della “razza europea”, fa danno.

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