L’ex presidente degli Stati Uniti, George W. Bush, in un discorso tenutosi a Dallas, volendo stigmatizzare l’invasione operata dalla Russia di Putin ai danni dell’Ucraina, ha condannato la brutale “aggressione all’Iraq”. Se gli strumenti della psicoanalisi fossero più diffusi tra i media e i giornalisti, non si sarebbe abusato del termine “sbadatezza” per commentare l’inciampo linguistico dell’ex presidente, preferendo invece il termine esatto: lapsus.

Con tale termine freudiano si intende appunto il disvelamento di qualcosa che il soggetto non vuole dire ma che il suo inconscio confessa, spesso in maniera fragorosa ed imbarazzante proprio come il caso di Bush jr che, dopo anni, ammette l’invasione brutale dell’Iraq, senza gli orpelli della ‘guerra al terrore’ o il pretesto di armi chimiche nascoste.

A Roma, il 28 e 29 maggio si terrà il XIX Congresso nazionale della Scuola Lacaniana di Psicoanalisi, il cui tema è, appunto, ‘Interpretazione esemplari che hanno avuto effetti’. Interpretare, andare sotto soglia, cogliere un nesso laddove il senso comune non lo vede o non lo vuole vedere, frugare tra i non detti, decifrare, leggere le produzioni dell’inconscio. Appunto, interpretare.

Le due giornate saranno arricchite con esposizioni di casi clinici che su tale tema verteranno, mostrando come oggi, in un tempo di farmacologizzazione vieppiù diffusa, uomini e donne svelano nella stanza dell’analista le loro interiorità, le loro sofferenze, le loro angosce esistenziali, portando quelle che Freud definiva le produzioni dell’inconscio (lapsus, atti mancati, sogni).

Un congresso di psicoanalisti è sì un evento scientifico nel quale teoria e clinica vengono messe in tensione, ma non senza uno sguardo agli effetti collettivi dell’interpretazione. E’ previsto infatti un dialogo con Marco Revelli sulla lettura della situazione attuale. I due anni di chiusura hanno determinato una situazione di emergenza psichica che ha messo a dura prova gli psicoanalisti: aumento di patologie quali dipendenze, depressioni, crisi d’angoscia, disturbi del comportamento alimentare e – non da ultimo – una vistosa impennata di disturbo da stress post traumatico nel personale sanitario in prima fila durante l’emergenza.

Al di là dell’urgenza clinica del tempo pandemico, la psicoanalisi mostra la validità del suo lessico quando viene applicato a fenomeni sociali che possono in tal modo essere letti in maniera dissonante rispetto ad un’ottica tesa al raggiungimento della cosiddetta ‘salute mentale’, resistendo anche ad una deriva banalizzante e mediatica della psicoanalisi stessa. Lacan era prima di tutto un clinico, sovente noi lo ricordiamo.

Ho chiesto alla dottoressa Loretta Biondi, presidente della Scuola Lacaniana, di dirci due cose sull’attualità della psicoanalisi e sul congresso.

Il Convegno annuale della Scuola Lacaniana di Psicoanalisi del Campo freudiano riporta oggi l’interpretazione al centro della pratica analitica.
Jacques-Allain Miller, fondatore dell’Associazione Mondiale di psicoanalisi a indirizzo lacaniano, ha delineato il cuore della questione.
Nell’epoca dell’ascolto generalizzato è necessario sottolineare che per la psicoanalisi l’ascolto non può essere disgiunto dall’interpretazione.
L’interpretazione analitica è presente fin dall’esordio della psicoanalisi. L’ipotesi stessa dell’inconscio freudiano, richiede l’interpretazione.

Ma come J.-A. Miller ha messo a fuoco è innanzitutto l’inconscio a interpretare. L’inconscio interpreta e al tempo stesso vuole essere interpretato. Il titolo del nostro Convegno ha di mira in particolare questo punto: esplorare il tema dell’interpretazione a partire dagli effetti che produce sull’analizzante. Ma non solo, pensiamo che la psicoanalisi ci possa fornire strumenti validi di lettura della realtà sociale e politica che stiamo vivendo. Come ci indica Jacques Lacan lo psicoanalista deve essere capace di leggere la realtà del suo tempo. In questo momento storico di grandi stravolgimenti, dove il legame sociale mostra sempre più il suo versante di odio e di violenza, la psicoanalisi ci può aiutare a uscire dalla dicotomia buoni/cattivi per intravedere qualcosa che è al cuore di ogni soggetto, qualcosa di intimo e al tempo stesso di straniero, il suo rapporto con la pulsione, che è sempre pulsione di morte, come la psicoanalisi ci insegna.

Un esempio di questo ‘affaccio sul sociale?’. Usando gli strumenti della psicoanalisi è possibile trovare delle invarianti nel fare di determinati individui desiderosi di imporre il loro comando su altri, messo in pratica con ogni mezzo, lecito e non lecito, eliminando fisicamente coloro i quali a torto o a ragione vengono percepiti come intralcio alla creazione del loro delirio di ordine paranoico.

Oggi, nella Russia di Putin, muoiono i dissidenti, muoiono gli oligarchi caduti in disgrazia, spariscono dalle scene i generali dell’armata rossa. Nel datato libro In esilio con Trotzky colpisce la chirurgica precisione temporale e geografica con la quale i sicari di Stalin trovarono il fondatore dell’Armata Rossa e lo uccisero. L’odio di natura paranoica colpisce in modo esemplare un nemico diventato tale molti anni prima, anche quando tanto tempo è trascorso.

Mentre i bolscevichi prendevano e innestavano il loro potere, Stalin stilava un folle tragico elenco di uomini che, nel suo sentire, potevano, realmente o in maniera immaginaria, ostacolare il suo cammino verso l’ascesa al potere. Il dittatore georgiano nominava i suoi sottoposti, i consiglieri, i generali dell’esercito, selezionando uomini dei quali possedeva segreti tramite i quali era certo di poterli o ricattare o tenere in pugno, qualora fossero divenuti, nel suo orizzonte persecutorio, capaci di ostacolare il prestigio del suo nome. Uomini che tremavano davanti al suo sguardo, proprio come ha tremato Sergey Naryshkin, capo dei servizi di intelligence russi, fulminato da Putin con gli occhi durante quella raggelante conferenza stampa.

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