La pandemia poteva essere un’occasione unica per reclutare insegnanti di canto di prestigio internazionale ma in alcuni casi questa opportunità pare non sia stata affatto colta. Con lo stop degli spettacoli per il Covid alcuni artisti lirici di primo piano hanno partecipato ad un bando del conservatorio di Potenza per l’inserimento in graduatoria per l’insegnamento. La commissione che ha valutato i candidati però non sembra aver approfittato di questa opportunità. Cantanti lirici di altissimo livello, che si sono esibiti nei maggiori teatri del mondo, dal Metropolitan di New York alla Scala di Milano passando per l’Opera House di Sydney e altri prestigiosi palcoscenici, con decine e decine di spettacoli alle spalle, sono stati scavalcati nella graduatoria da cantanti con esperienze professionali irrilevanti o quasi. Il baritono di fama internazionale con una carriera trentennale, Giovanni Meoni, che si è esibito nei principali teatri del mondo tra i quali il Bolshoi di Mosca, l’Arena di Verona e il Met di New York, ha già fatto ricorso al Tar e poco tempo dopo la graduatoria del conservatorio di Potenza ha subito una rettifica. “Dopo aver ricevuto la notifica dell’esposto – sottolinea Giuseppe Leotta, legale del cantante – l’amministrazione si è accorta che la valutazione di un candidato che precedeva Meoni non era corretta. Il punteggio è quindi stato ridotto ed il mio assistito l’ha potuto sopravanzare ottenendo l’incarico d’insegnamento”. Tra gli esclusi ci sono cantanti di fama internazionale come il basso Marco Spotti, il mezzosoprano Veronica Simeoni, il baritono Simone Alberghini, il tenore Lorenzo Decaro. Alla graduatoria possono attingere anche altri conservatori italiani. Oltre a Meoni “altri venti cantanti, tra i 190 che hanno partecipato al bando, hanno fatto ricorso – spiega il direttore del conservatorio Felice Cavaliere – una percentuale fisiologica, nulla di strano. La commissione ha ben lavorato stabilendo dei criteri di punteggio ai quali si è attenuta”.

Per l’avvocato Leotta, invece, “ad un primo sommario esame sembrerebbero sussistere diversi elementi di criticità anche se bisogna dire che una carriera professionale brillante non determina automaticamente la collocazione in graduatoria in posizione utile, visto che contano anche i titoli di studio e di servizio. Aspettiamo comunque con fiducia le valutazioni dei giudici. Credo che la prima vittima di questa situazione sia il direttore del conservatorio, persona senz’altro stimabile che però si è affidato a commissari non adeguatamente scrupolosi”.

Tra le altre cose il bando lascia margini di discrezionalità che possono indurre in errori di valutazione: in un caso, per esempio, ai primi posti della graduatoria è arrivata un’aspirante insegnante “forte” delle pubblicazioni autoprodotte attraverso un sito internet e che hanno comunque incrementato il punteggio finale. Eppure il regolamento ministeriale in casi come questi è molto chiaro: “Sono escluse dalla valutazione – si legge nella nota del ministero dell’Istruzione – le pubblicazioni proposte dagli stessi autori, anche a servizi internet a pagamento, pure se in possesso di codice Isbn, che non prevedano scelte editoriali da parte di redazioni e/o comitati scientifici qualificati”. “I candidati presentano delle autocertificazioni – è la spiegazione del direttore del conservatorio – e la commissione non è tenuta a verificare la loro attendibilità. Quei libri hanno un Isbn, per noi vanno bene”.

Tra le altre anomalie sollevate da alcuni cantanti interpellati da ilfattoquotidiano.it c’è anche il fatto che il conservatorio ha stabilito la possibilità di presentare un massimo di 30 titoli artistici-professionali, quando normalmente se ne possono inserire fino a 50, sfavorendo quindi coloro che hanno avuto una carriera più importante e corposa. La seconda è che si è lasciato un ampio margine discrezionale alla commissione, stabilendo nel bando che i “ruoli principali in teatri importanti potevano valere 2 o 3 punti” e i “ruoli principali in teatri secondari 1 o 2” e così via. Il direttore Cavaliere replica: “I candidati sono aumentati esponenzialmente negli ultimi anni e mettere 50 titoli significa aumentare di molto il tempo di valutazione dei candidati, una mole di lavoro insostenibile per la commissione. Il margine di discrezionalità nella valutazione è normale visto che l’importanza dei ruoli varia a seconda dei teatri, del direttore d’orchestra, del tipo di spettacolo e altro ancora”.

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