Dimenticatevi gli anni ruggenti delle trasferte trionfali di Silvio Berlusconi a Napoli, circondato da politici con caterve di voti, da ragazze avvenenti e da folle in delirio di fronte alle sue promesse. Il Cavaliere il 21 maggio tornerà a Napoli per chiudere la due giorni di “L’Italia del futuro” alla Mostra d’Oltremare, ma stavolta lo attende l’analisi di un dato impietoso: il simbolo azzurro non compare in nessuno dei sette comuni con più di 15mila abitanti del napoletano chiamati al voto.

Nemmeno a Ischia, l’isola dove vive il coordinatore campano del partito, il senatore Domenico De Siano. Nemmeno a Sant’Antimo, il feudo familiare del senatore Luigi Cesaro, a lungo padrone degli azzurri napoletani. Nemmeno a Nola, città dove forte è l’influenza di un big dei berlusconiani, il deputato Paolo Russo. Mentre ad Acerra il vicecoordinatore napoletano di Forza Italia, Massimo Pelliccia, primo cittadino di Casalnuovo, ha deciso di sostenere il candidato sindaco Pd-5 Stelle Andrea Piatto con la sua storica lista civica “Oblò”, una rottura che sarebbe maturata sulla decisione di Fratelli d’Italia di candidare a sindaco Vincenzo Crimaldi. Il modello Draghi. Il simbolo di Forza Italia mancherà anche sulla scheda elettorale di Pozzuoli, Portici, Somma Vesuviana.

Le cose non vanno molto meglio nel resto della Campania. Solo a Mondragone, in provincia di Caserta, Forza Italia si presenterà con una sua lista. Niente simbolo a Capua e niente simbolo nei tre comuni al voto nel Salernitano (Agropoli, Mercato San Severino e Nocera Inferiore). E’ la fotografia di un partito allo sbando sui territori. Con nomine organizzative effettuate in clamoroso ritardo sull’appuntamento elettorale – i vice coordinatori provinciali sono stati designati soltanto ad aprile – che peraltro soffrono delle faide interne mai risolte. Tra il gruppo dell’europarlamentare Fulvio Martusciello e quello della famiglia Cesaro, ad esempio. Senza dimenticare le frizioni tra Martusciello e De Siano, ammesse off the record da diversi dirigenti locali.

In questo clima maturano decisioni ed alleanze singolari. A Lettere (Napoli), paesino di 6000 abitanti sui Monti Lattari famoso per l’omonimo vino, c’è una sola candidata sindaco, Anna Ammendola. E’ il frutto di un accordo di Forza Italia con il M5s e il Pd, raggiunto con il beneplacito della deputata pentastellata Teresa Manzo, del deputato e coordinatore napoletano degli azzurri Antonio Pentangelo, della capogruppo di Forza Italia in Campania Annalisa Patriarca e del capogruppo dem campano Mario Casillo. Un’operazione simile fu tentata, senza successo, più o meno dagli stessi attori, l’anno prima nella più grande e limitrofa Gragnano.

In un’intervista al Mattino, Pentangelo spiega l’assenza di Forza Italia con la tendenza dei candidati “a preferire le civiche ai partiti”. Analisi parziale, che andrebbe completata con un altro dato: Fdi presenta il simbolo in quattro comuni su sette del napoletano. Forse, oltre alle civiche, nel centrodestra si preferisce il partito di Meloni. E in Forza Italia qualche ex dirigente racconta con rimpianto i tempi in cui “Armando Cesaro (ex capogruppo di Fi in Campania, figlio del senatore Luigi Cesaro, ndr) si sedeva a tutti i tavoli e riusciva a formare liste ovunque”. Sì, quell’Armando Cesaro ripudiato dal coordinatore nazionale di Forza Italia Antonio Tajani: “Uno si mette fuori dal partito se non partecipa all’attività di partito, se non fa la tessera di partito, se non sostiene il partito”, le parole che gli ha rivolto ad aprile. Armando Cesaro è accusato di aver fatto campagna elettorale per Gaetano Manfredi a Napoli. Da allora, i rapporti tra i Cesaro e Forza Italia sono ai minimi storici. E le liste evaporano. E forse tra le due cose c’è un rapporto causa-effetto.

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