Emissioni di benzoapirene oltre limite come non accadeva dal 2012, le sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo, la Valutazione del danno sanitario del 2021. E ancora i dati sul benzene e sul biossido di zolfo. Il parere negativo espresso dalla procura di Taranto all’istanza di dissequestro degli impianti dell’ex Ilva depositata dai commissari straordinari il 31 marzo scorso contiene nuovi inquietanti dati sulle emissioni in atmosfera di sostanze nocive. Secondo quanto risulta a ilfattoqutodiano.it nel documento di 21 pagine che il pool di magistrati del maxi processo “Ambiente svenduto” ha inviato alla Corte d’assise oltre a dati già noti come le ultime sentenze della Cedu – che ha nuovamente condannato lo Stato Italiano evidenziando che rispetto alla condanna del 2018 ancora nulla è stato fatto per tutelare la salute dei cittadini – ci sono anche elementi di indagine mai emersi finora.

Come i rapporti di prova raccolti da Arpa Puglia a dicembre 2021 e gennaio 2022 sugli sforamenti del benzoapirene, una sostanza altamente cancerogena sprigionata verosimilmente dal reparto cokeria dello stabilimento. L’agenzia regionale per la protezione ambientale, infatti, avrebbe rilevato da due centraline del quartiere Tamburi, che si trova a pochi metri dalle ciminiere, il superamento del limite massimo di 1 nanogrammo al metrocubo: il dato, registrato dai dispositivi situati in via Macchiavelli e sopra la scuola “Deledda”, è considerato dagli inquirenti particolarmente inquietante visto che quel limite non era mai stato superato dal sequestro del 2012. I due sforamenti, però, appartengono a due anni solari differenti e quindi non modificheranno in maniera significativa la media annuale della sostanza. Per la procura, tuttavia, è un importante campanello d’allarme: accerta, secondo gli inquirenti, che le cose in fabbrica non sono affatto sicure a differenza di quanto affermato dai commissari straordinari di Ilva in As.

A questi dati si aggiungono quelli riguardanti gli incrementi di inquinanti gassosi come biossido di zolfo e benzene, registrati da Arpa a marzo in occasione della ripartenza dell’Altoforno4. Nel parere della procura, inoltre, sarebbero citate relazioni inviate da Arpa tra il 2019 e 2020: documenti che per i pm dimostrerebbero come nel corso degli anni appena trascorsi, le criticità non sono mai mancate. Tutto è ora al vaglio della Corte d’assise che dovrà decidere se restituire o meno i sei reparti dell’area a caldo della fabbrica bloccati nel 2012 dal gip Patrizia Todisco.

Nella loro istanza di dissequestro, gli avvocati Angelo Loreto e Filippo Dinacci avevano affermato che lo stabilimento è ormai sicuro per lavoratori e cittadini di Taranto dato che l’adeguamento all’Aia è ormai al 90 percento. I legali hanno inoltre sottolineato che l’ex Ilva è ormai “un’altra entità rispetto all’opificio oggetto di sequestro preventivo nel luglio del 2012” perché in questi 10 anni “la realizzazione degli interventi prescritti dal Piano Ambientale ha significativamente modificato l’assetto impiantistico operativo” trasformando la fabbrica pericolosa in “uno stabilimento munito di presidi preventivi d’assoluta avanguardia secondo le Best Available Tecniques BAT (migliori tecnologie disponibili, ndr) di settore, e condotto secondo modalità gestionali ispirate a principi di massima cautela e tutela ambientale”. Per la procura, evidentemente le cose non stanno così.

I magistrati inquirenti hanno infatti ricordato anche che la Valutazione del Danno Sanitario del 2021 ha accertato uno scenario di rischio non accettabile per la salute dei tarantini con l’aumento della produzione fino a 6 milioni di tonnellate. Solo un parere, tuttavia. La decisione, come detto, spetta alla Corte d’assise: l’eventuale “no” al dissequestro potrebbe scompigliare i piani tra Ilva in As e Acciaierie d’Italia, la società composta da ArcelorMittal e lo stato italiano attraverso Invitalia: alla fine di maggio, infatti, secondo l’accordo Invitalia avrebbe dovuto versare altri 600 milioni di euro per ottenere il 60 percento del capitale di Adi e l’acquisto dei rami di azienda da Ilva in As. Tutto a patto che i sequestri fossero revocati. La Corte si esprimerà nelle prossime settimane e non è detto che la risposta arrivi entro la fine del mese.

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