“Da quando il cinema è nato ha sempre raccontato due sole storie: il sesso e la morte” dice il vecchio e grande regista, che però sembra stanco di vivere, di tutto. Siamo a pagina 200 del giallo di Franco Ricciardiello, Torino Nouvelle Vague (Todaro editore; 246 pagg; 16 euro) – e chi parla di sesso e morte è il regista Jean-Simon Leclercq, cioè la controfigura di Jean-Luc Godard: insomma, siamo di fronte a un “giallo-omaggio” di Franco Ricciardiello per il grande vecchio del cinema francese, tant’è che i titoli dei capitoli sono titoli di alcuni film di Godard.

La vicenda. Siamo a Torino, anno 2008, nei giorni della Notte bianca del cinema, alla Mole Antonelliana. Il vecchio regista Leclercq è accusato d’aver ammazzato l’ex moglie, la quasi settantenne Sophie Alma, in una camera d’albergo. A indagare sulla morte dell’attrice è chiamato un giovane pubblico ministero, Erasmo Mancini, che dovrà scavare nel tempo e nello spazio. Il vecchio regista – chissà perché – confessa d’aver ucciso l’ex moglie, il caso sembra chiuso, ma Erasmo Mancini non crede a un omicidio orfano di un serio movente. Cerca così altre strade con l’apporto di un bravo collega poliziotto, scontrandosi con lo scetticismo dei suoi capi e, ancor di più, con due donne, due giornaliste, che arrivano al punto di intralciare le indagini.

Anche il (bel) giallo di Ricciardiello – come il cinema di Godard – parla di sesso e di morte. Il sesso è tratteggiato e sfumato ai limiti della realtà, come quando alla porta del pubblico ministero si presenta una giornalista francese bella e sbronza; appena entrata va in bagno per uscirne, nuda come mamma l’ha fatta, e accomodarsi sul divano accanto al piemme, peccato che lui sia – comprensibilmente un po’ al confine con la realtà – tutto assorto nella visione di un servizio giornalistico che sta parlando – naturalmente male – di lui e sta dicendo cose sulle indagini che nessuno sa, nemmeno gli inquirenti.

L’omaggio è a Godard, certo, ma dalla narrazione emerge la figura del protagonista: un personaggio atipico, raro, disincantato. E del pubblico ministero Erasmo Raineri, dei suoi amori, delle sue manie (bere alle fontane di Torino, una vita salutista, bel tenebroso ma maldestro e sfortunato con le donne) non si può che restare incantati e desiderosi di incontrarlo, ancora. Un libro, insomma, dove il giallo si coniuga con il cinema – Ricciardiello è bravissimo nella descrizione di vecchi film – ma che comunque giallo è. Perché siamo di fronte a una trama sapientemente architettata, in una Torino dove le luci della Mole si alternano alle sue nebbie autunnali, con tanti attori, protagonisti e non, ma tutti all’altezza del ruolo, come nei migliori film di Godard. Un buon giallo comunque si soppesa (anche) dal finale, che è al tempo stesso duro ma pure romantico, come certi ricordi che restano per tutta una vita.

Franco Ricciardiello, classe 1961, nel 1998 ha vinto il Premio Urania con Ai margini del caos (Mondadori), tradotto in Francia da Flammarion. Ha insegnato per quasi vent’anni scrittura creativa e tenuto seminari in tutta Italia. Ha collaborato con l’enciclopedia a dispense Scrivere di Bompiani-Rizzoli con il volume dedicato allo “Stile letterario”. Ha all’attivo tre volumi che raccolgono buona parte dei suoi ottantotto racconti apparsi in riviste e antologie in Italia, Francia, Grecia e Argentina e nove romanzi, tra i quali due gialli: Autunno Antimonio (2007) e Cosa succederà alla ragazza (2014). Attualmente collabora con Pulp.

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