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Giulio Regeni, nell’informativa dei Ros le facce di 3 dei 4 imputati: ma l’Egitto non fornisce gli indirizzi e il processo non può partire

Secondo quanto rivelato da Repubblica, nelle 88 pagine di informativa depositata dai carabinieri si vedono le facce del colonnello Husan Helmi del suo parigrado Athar Kamel Mohamed Ibrahim e del maggiore Magdi Ibrahim Abdelal Sharif. All'appello manca il volto di colui che è accusato di avere materialmente ucciso il ricercatore di Fiumicello tra il 25 gennaio e il 3 febbraio del 2016: quello del generale Tariq Sabir
Giulio Regeni, nell’informativa dei Ros le facce di 3 dei 4 imputati: ma l’Egitto non fornisce gli indirizzi e il processo non può partire
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Si conoscevano i loro nomi, le accuse nei loro confronti emerse dall’inchiesta della magistratura romana, ma da oggi dei quattro imputati del sequestro, della tortura e dell’uccisione di Giulio Regeni conosciamo anche le facce. Almeno di tre di loro. Secondo quanto rivelato da Repubblica, nelle 88 pagine di informativa depositata dai carabinieri del Ros presentata nel corso dell’udienza preliminare di lunedì, tenuta davanti al giudice per le indagini preliminari del tribunale di Roma, Roberto Ranazzi, si vedono le facce del colonnello Husan Helmi, classe 1968, del suo parigrado e coetaneo Athar Kamel Mohamed Ibrahim e del maggiore Magdi Ibrahim Abdelal Sharif, nato nel 1984. All’appello manca il volto del più importante dei quattro uomini per i quali la Procura di Roma ha chiesto il processo, colui che è accusato di avere materialmente ucciso il ricercatore di Fiumicello tra il 25 gennaio e il 3 febbraio del 2016: quello del generale Tariq Sabir. Ancora, però, manca l’informazione più importante: gli indirizzi per l’iscrizione di domicilio.

“Il 10 gennaio – si legge – veniva disposta l’esecuzione di accertamenti volti all’individuazione dei luoghi di residenza o domicilio degli imputati, il tutto nella prospettiva di poter procedere nei loro confronti con le notifiche che il nostro ordinamento ha stabilito nell’interesse degli stessi e del corretto corso del processo penale”. Questo perché la Corte di Assise di Roma ha stabilito che il processo non potesse partire senza che vi fossero le prove che agli imputati fosse stato notificato l’avvio del procedimento. Ma l’Egitto non ha mai voluto comunicare l’indirizzo degli indagati all’Italia.

Ma la posizione del Cairo è stata ribadita 48 ore fa anche in tribunale con il ministero della Giustizia italiano che ha ammesso: “Il 16 dicembre del 2020 – hanno scritto in un documento depositato – la procura egiziana ha firmato un documento da intendersi come archiviazione. Ritiene che questo provvedimento abbia natura decisoria irrevocabile ovvero che si tratti di una decisione non più suscettibile di impugnazione e che preclude la riapertura di un procedimento nei confronti degli stessi soggetti”. Gli indirizzi, quindi, non verranno comunicati. Ma i Ros nell’informativa spiegano che si sono già messi al lavoro per trovare quegli indirizzi da soli.

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