Come diceva qualcuno, in guerra la prima a morire è sempre l’informazione. I media occidentali lo stanno tragicamente confermando. Nella massima parte, essi figurano come megafoni della voce del padrone a stelle e strisce: sono portatori di una visione a tal punto di parte, a tal punto sfacciatamente ideologica, che sembrerebbe impossibile accettarla anche in minima parte. Eppure i più, letteralmente, se la bevono.

I monopolisti del discorso non vi dicono che la Ue ha già dichiarato guerra alla Russia. Ha inviato in Ucraina sistemi d’arma non solo difensivi ma offensivi, la Nato sta pensando di mandare gli aerei da combattimento. Inviare armi difensive a un paese in guerra non è un atto di guerra contro il suo nemico, lo è però l’invio di armi offensive. Gli Usa stanno conducendo una strategia bellica indiretta, usando l’Ucraina come “bastone contro la Russia” (Giulietto Chiesa). E, insieme, usando la Ue come “prima linea” del conflitto, inducendola a mandare armi offensive in Ucraina: e ciò del tutto contro l’interesse della Ue stessa, che in questa guerra ha solo da perdere.

Lo scopo di tutto ciò? Difendere l’Ucraina e la sua sovranità? Nemmeno per sogno! Avete sentito Draghi? Dobbiamo batterci perché l’Ucraina entri in Ue, ha asserito: altro che neutralità e sovranità ucraina! Lo vuole il popolo, dicono i media nostrani: ne siamo sicuri? Perché il guitto Zelensky – un attore Nato, è il caso di dire – limita i partiti d’opposizione, allora? Che cosa desiderano realmente gli ucraini?

A mio avviso l’obiettivo vero per gli Usa e per la loro colonia Ue è a) annettere l’Ucraina nella propria area d’influenza e b) provocare il regime change in Russia: detto altrimenti, sostituire Putin con un “fantoccio” atlantista, modalità Eltsin che svendeva il paese a Washington e rotolava ubriaco di vodka. E ciò di modo che la Russia, un poco alla volta, si normalizzi, fino a diventare colonia di Washington tra le tante.

Sembrava, in effetti, che quello fosse il suo destino dopo il 1989: piegarsi, umiliarsi, genuflettersi al cospetto della civiltà del dollaro. Tutto cambiò con Putin, che iniziò a dire di no: no all’espansionismo Nato, no all’atlantizzazione degli spazi post-sovietici, no alla cultura del nulla di marca globalista. Per quello, Putin è da anni tra i nemici principali della “globalizzazione”, vale a dire della americanizzazione coatta del pianeta.

Nel 2014 gli Usa dirigono da dietro le quinte un golpe in Ucraina (velvet revolution), noto come Euromaidan: e vi insediano un “governo fantoccio” a loro gradito, atlantista e filo-Ue. Tale governo inserisce in Costituzione la volontà di entrare nella Nato. Nel 2021 Usa e Ue armano pesantemente le forze armate ucraine. Il guitto Zelensky nasce in quel contesto: come prodotto in vitro di serie televisive hollywoodiane, letteralmente recitando un copione scritto in terra americana. Da attore a presidente del suo paese in un attimo, con un solo obiettivo: favorire il transito dell’Ucraina verso la Ue e verso la Nato, di fatto portando le basi militari Usa ai confini con Mosca.

Nessuno – almeno, non io – vuole giustificare o magari glorificare il gesto di Putin, ossia l’invasione dell’Ucraina: la guerra, ogni guerra, merita di essere condannata, a partire da quelle del proprio paese (l’Italia sta sciaguratamente mandando armi in Ucraina, come sappiamo, con una retorica guerrafondaia stomachevole e orwelliana, appellano “missione di pace” l’invio di mitraglie pacifiche e di missili democratici).

Si tratta però di raccontarla tutta la storia: e se vogliamo, come vogliamo, condannare la guerra, dobbiamo condannarla a partire dal suo reale cominciamento e dalle sue reali cause, vale a dire, appunto, dall’espansionismo della Nato verso Oriente, verso le aree post-sovietiche. Detto altrimenti, con parola cara a Lenin e obliata dalle sinistre fucsia – la nuova “sinistrash” postmoderna, interscambiabile con la destra bluette –, la causa primissima è l’imperialismo made in Usa. Rammentiamo che, nel 2008, a Bucarest, la Nato aveva proclamato senza perifrasi che Ucraina e Georgia, presto o tardi, sarebbero entrate nella Nato stessa. Se si vuole condannare una rissa, si condanna non solo il contegno – certo criticabile – di chi ha tirato l’ultimo pugno, ma anche, ovviamente, di chi ha assestato i colpi precedenti, e magari anche di chi l’ha avviata.

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