Della de-escalation annunciata da Vladimir Putin non si hanno già più tracce. Se il Cremlino ha annunciato il ritiro di una parte dei propri militari dal confine con l’Ucraina, venendo smentito dalla controparte, sul fronte con le repubbliche separatiste filo-russe i bombardamenti sono iniziati da settimane e oggi hanno colpito un asilo vicino a Lugansk e un liceo nel villaggio di Vubrivka. I ribelli denunciano azioni militari da parte di Kiev, che smentisce. Ma la guerra tra Russia e Occidente, in particolar modo Stati uniti e Gran Bretagna, continua anche sul fronte mediatico e diplomatico, con il segretario di Stato Usa, Antony Blinken, che arriva a ipotizzare, senza però fornire alcuna prova, che “la Russia potrebbe inventare attacchi terroristici, inscenare attacchi con droni contro i civili, un attacco con armi chimiche, rivelare false fosse comuni per cominciare l’attacco”.

I BOMBARDAMENTI A EST – Il fronte più caldo, al momento, è quello nelle repubbliche separatiste di Donetsk e Lugansk, teatro del conflitto del 2014 nel quale persero la vita 14mila persone. L’Osce ha denunciato che in mattinata si sono verificati “episodi di bombardamenti multipli lungo la linea di contatto nell’Ucraina orientale”. I separatisti appoggiati da Mosca attivi nella regione hanno accusato l’Ucraina di avere aperto il fuoco quattro volte nelle ultime 24 ore. Versione però smentita da Kiev: “Nonostante il fatto che le nostre posizioni siano state colpite con armi proibite, inclusa l’artiglieria da 122 millimetri, le truppe ucraine non hanno aperto il fuoco in risposta”, ha affermato un addetto stampa dell’Operazione Join Forces ucraina alla Reuters. E aggiungono: “Le forze separatiste hanno sparato colpi di mortaio contro un villaggio nella regione di Lugansk colpendo un asilo“.

L’ALTRO FRONTE – Il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, da parte sua, ha dichiarato che “leggiamo e vediamo i rapporti dal confine. Naturalmente, il nostro esercito ha più informazioni, considerando i dati provenienti da fonti speciali. Ma è ovvio anche senza tali informazioni che le tensioni stanno aumentando. Negli ultimi giorni abbiamo sentito che la Russia avrebbe conservato un enorme potenziale offensivo al confine. Ma è del nostro territorio che stiamo parlando. Nel frattempo, nessuno, nessun rappresentante occidentale ha menzionato l’enorme potenziale offensivo dell’esercito ucraino che esiste sulla linea di contatto”.

La Cnn ha mandato in onda alcune immagini satellitari delle aree di confine tra Bielorussia e Ucraina: secondo l’emittente americana è in corso la costruzione di nuove strade e di un ponte lungo il fiume Pripyat che bagna entrambe le nazioni e si trova a meno di 7 chilometri dalla frontiera ucraina. Fonti della televisione statunitense hanno definito il ponte funzionale a un potenziamento delle forze militari russe nel caso in cui si verifichi un’invasione. La costruzione del ponte è monitorata dall’intelligence e dai militari occidentali, ma non è ancora chiaro se a costruirlo siano le forze russe o i loro alleati bielorussi. La Guardia Nazionale ucraina ha esortato i cittadini a tenere i nervi saldi con un messaggio su Twitter: “Mantenete la calma e abbiate fiducia nella Guardia Nazionale”. Nel mentre, l’esercito russo ha affermato che dieci convogli militari con “grandi carichi, pesanti e pericolosi” hanno lasciato la Crimea. Lo ha riferito l’agenzia di stampa russa Interfax, secondo cui i convogli avevano terminato le esercitazioni di addestramento.

In totale, si stima che ci siano oltre 150mila soldati russi schierati a nord, ad est e a sud dell’Ucraina: “Continuiamo a ricevere indicazioni che la Russia potrebbe trovare un falso pretesto in qualsiasi momento per giustificare un’invasione. Ogni indicazione che abbiamo ora è che intendono accettare solo pubblicamente di parlare e fare affermazioni sulla de-escalation, mentre in realtà si mobilitano privatamente per la guerra”. Le autorità militari russe annunciano però che nuove unità del Distretto militare occidentale si stanno ritirando da un’area vicino al confine con l’Ucraina e che percorreranno una distanza di circa un migliaio di chilometri, sebbene non abbiano specificato quale sia la loro destinazione.

Anche venti navi da guerra, secondo le autorità russe, hanno lasciato il porto di Makhachkala e iniziato le manovre nel Mar Caspio: “L’equipaggio delle navi della Flottiglia del Caspio dovrà svolgere mirati compiti di addestramento al combattimento in condizioni ambientali difficili e agire in base a varie indicazioni provenienti dal posto di comando della flotta”.

LO SCONTRO DIPLOMATICO E MEDIATICO – Ad alzare ulteriormente la tensione arriva anche il presidente bielorusso, Aleksandr Lukashenko, stretto alleato di Putin che si è detto pronto a ospitare “armi nucleari” in caso di minaccia occidentale. Il presidente del Consiglio, Mario Draghi, ha invece dichiarato che “per il momento episodi di de-escalation sul terreno non si sono visti”, annunciando poi un suo imminente viaggio a Mosca con l’obiettivo di “far sedere allo stesso tavolo Putin e Zelensky”. Intanto, però, il viceambasciatore degli Stati Uniti a Mosca, Bart Gorman, è stato espulso dalla Russia.

Chi continua a lanciare accuse nei confronti del Cramlino sono invece due Paesi in particolare: gli Stati Uniti e la Gran Bretagna. Oggi l’amministrazione Biden ha ribadito che l’annuncio della Russia sul ritiro delle truppe in Ucraina è falso: ieri un funzionario, rispondendo alle domande dei giornalisti, ha dichiarato che nonostante il governo russo abbia detto che stava ritirando le truppe dal confine con l’Ucraina, non si vedono segnali di de-esclation da Mosca. Ha inoltre aggiunto di avere la conferma che negli ultimi giorni la Russia ha aumentato la propria presenza sul confine ucraino con 7mila soldati. Ma le dichiarazioni più pesanti sono arrivate prima dal presidente in persona, secondo cui “il rischio di un attacco russo in Ucraina è molto elevato e potrebbe avvenire nei prossimi giorni”, aggiungendo che la Russia sta preparando un’operazione sotto “falsa bandiera”, e successivamente per bocca del suo segretario di Stato Blinken. Il capo della diplomazia Usa, dopo aver premesso che l’obiettivo “non è iniziare una guerra, ma evitarla”, si è lanciato in un attacco senza filtri nei confronti della Federazione russa affermando che “potrebbe inventare attacchi terroristici, inscenare attacchi con droni contro i civili, un attacco con armi chimiche, rivelare false fosse comuni. Potrebbe teatralmente convocare riunioni di emergenza per rispondere a operazioni sotto falsa bandiera e poi cominciare l’attacco. Gli obiettivi sono già stati identificati e mappati. Questo è un momento di pericolo per la vita e la sicurezza di milioni di persone, così come per la fondazione della Carta delle Nazioni Unite e dell’ordine internazionale basato su regole che preserva la stabilità in tutto il mondo. Questo è l’esatto momento di crisi che l’Onu e il Consiglio di Sicurezza sono stati creati per prevenire”.

Oggi era anche il giorno dell’incontro tra il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, col suo omologo, Serghei Lavrov, nel quale il capo della Farnesina ha ravvisato da parte russa “disponibilità a risolvere la crisi seguendo la via diplomatica”, la stessa che gli è stata riferita “martedì a Kiev dal ministro Kuleba“. E ha proseguito: “Lavorare tutti insieme per una soluzione diplomatica significa evitare ogni tipo di sanzioni“. E proprio su quest’ultimo tema Lavrov ha precisato che “le sanzioni non possono essere varate se almeno un Paese sarà contrario. Non credo che l’Italia sia interessata a fomentare la tensione”, anzi “noi vediamo che segue la tradizione della sua diplomazia” che è quella di “non minacciare in continuazione, non promettere punizioni, ma cercare soluzioni”. Ma ha precisato, come già affermato nei giorni scorsi da Putin, che “è importante non togliere dal pacchetto alcune cose, tra cui il non allargamento a est della Nato e il non dispiegamento a est”. Dichiarazioni alle quali risponde a distanza il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky: l’adesione alla Nato è una “garanzia di sicurezza” sulla quale l’Ucraina non è disposta a compromess, ha detto alla Bbc. “Non è questione di ambizione. Abbiamo perso 15mila persone. Non è un’ambizione, è la nostra vita, riguarda il futuro delle persone. Se parliamo di Nato, Ue, dei territori temporaneamente occupati, stiamo parlando della nostra indipendenza. Questo è quello che vogliamo e faremo per il nostro futuro”, ha aggiunto prima di annunciare che “oggi invieremo la lettera di risposta agli Usa, sarà resa pubblica perché crediamo indispensabile che le persone possano avere un’idea precisa di ciò che sta accadendo”. L’Italia, ha continuato Di Maio, incoraggia “tutte le parti” ad attuare gli Accordi di Minsk, sia per gli aspetti di sicurezza sia nelle clausole politiche. “Vogliamo sostenere i negoziati in corso sia nel Formato Normandia, che nel formato Nato-Russia, che in quello Usa-Russia”, ha aggiunto.

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