La settimana scorsa c’è stata una svolta nella guerra in corso in Yemen, infatti gli Houthi (il gruppo armato prevalentemente sciita dello Yemen, ndr) hanno rivendicato l’attacco a un impianto petrolifero chiave ad Abu Dhabi, in cui sono stati uccisi tre civili e feriti altri sei.

Mentre gli attacchi agli impianti petroliferi sono da sempre parte della strategia degli Houthi, che avevano già preso di mira anche la compagnia petrolifera saudita, Aramco, all’interno dell’Arabia Saudita, questo attacco ad Abu Dhabi dimostra un cambiamento significativo nella capacità degli Houthi e mette a rischio altre strutture emiratine e la sicurezza interna. Questa è la prima volta nella storia degli Emirati Arabi Uniti che essi affrontato una sfida così diretta, soprattutto perché il suo rigoroso regime di sicurezza è stato fondamentale per la stabilità che lo ha reso un polo economico attraente.

Questo attacco potrebbe non essere l’ultimo, dato che non c’è una risoluzione in vista alla guerra in Yemen, e, da una prospettiva tattica, gli Houthi hanno perso sul terreno nelle ultime settimane sia Mareb che Sanna. Tuttavia, espandendo il conflitto, l’equilibrio di potere potrebbe spostarsi, soprattutto se inizia un processo di destabilizzazione della sicurezza interna degli Emirati.

La guerra in Yemen sta diventando una guerra per procura che sta plasmando la crisi in tutta la regione. Le armi utilizzate nell’attacco non sono yemenite e suggeriscono che sia legato all’escalation regionale con la presenza dell’Iran e il suo continuo confronto indiretto con i suoi rivali nel Golfo. Tuttavia, l’impatto dell’attacco è anche un nuovo tipo di confronto non in una zona di guerra come in Yemen, Iraq o anche Siria, ma si è diffuso in parti altrimenti stabili della regione.

Questo tipo di crisi non può essere contenuta nella cornice del confronto tradizionale, ma è probabilmente parte dell’approccio falco dell’Iran per proteggere il suo interesse strategico durante i negoziati dell’accordo nucleare. Adottando questo approccio escalation, l’Iran si garantisce la preminenza nei negoziati, soprattutto perché i paesi del Golfo hanno chiesto di far parte di questi negoziati e che non si limitino alle capacità nucleari dell’Iran, ma anche alla sua potenza balistica e soprattutto alle sue politiche aggressive nella regione.

In assenza di un approccio americano decisivo verso l’Iran, questi lunghi negoziati spingeranno gli attori regionali ad adottare politiche aggressive nella regione. I paesi del Golfo che fanno storicamente parte del blocco di alleanze degli Stati Uniti stanno diventando anche scettici nei confronti delle politiche statunitensi, mentre l’attuale amministrazione americana ha recentemente espresso le sue preoccupazioni sulle politiche di questi paesi quando si tratta di relazioni con la Cina e la Russia.

In questa situazione complicata, i negoziati in corso con l’Iran e la mancanza di mediazione tra i paesi del Golfo e l’Iran potrebbero aprire la strada a più incidenti che mettono a rischio la sicurezza e la stabilità di quella regione, e questo tipo di attacco agli Emirati Arabi si ripete prendendo di mira altri siti strategici. I paesi del Golfo devono adottare un nuovo approccio per affrontare la guerra in Yemen, e allo stesso tempo, un approccio diplomatico con l’Iran. Tuttavia, la situazione non ha una soluzione semplice e potremmo vedere un’escalation a breve termine.

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