Il governo di Abdul Hamid Mohammed Dbeibeh, l’imprenditore di Misurata diventato primo ministro e che deve traghettare la Libia verso le elezioni che dovrebbero sancire la svolta verso una definitiva pacificazione e la ricostruzione, scricchiola sotto i colpi di un gruppo di parlamentari che chiede la formazione di un nuovo governo di transizione. Dopo il primo rinvio delle elezioni che si sarebbero dovute tenere lo scorso 24 dicembre, si naviga più che mai a vista e la situazione di fibrillazione nel Sahel complica ulteriormente il quadro. Emanuela Del Re, rappresentante speciale dell’ Unione europea per il Sahel, esperta di Africa, analizza l’attuale scenario in un’intervista a Ilfattoquotidiano.it.

Il consigliere del segretario generale delle Nazioni Unite per la Libia, Stephanie Williams, ha parlato di elezioni in Libia entro il 30 giugno. Vista la situazione di instabilità attuale, che probabilità ci sono che si tengano effettivamente entro questa data?
Le elezioni sono state rimandate perché non sono state adeguatamente preparate. Io direi che forse nei prossimi 15 giorni, dopo la sessione parlamentare che verrà convocata da Aguilah Saleh (il Presidente della Camera dei rappresentanti di Tobruk, ndr), si verificherà uno di questi due scenari. O si andrà verso un nuovo governo con un primo ministro che non sia Dbeibeh e che potrebbe essere, per esempio, Fathi Bashagha (ex ministro dell’interno libico del governo al-Sarraj, ndr) o qualcun altro. Oppure che Dbeibeh riesca a rimanere primo ministro. Quello che è necessario fare prima di tutto è ridefinire la Costituzione, motivo per il quale le elezioni sono state rimandate. Poi fare chiarezza su alcuni punti del processo elettorale. É necessario, ad esempio, stabilire criteri chiari per la partecipazione alle elezioni. Basti pensare al nodo della partecipazione dei militari. É una fase di transizione molto complicata.

Un gruppo di parlamentari chiede la formazione di un nuovo governo di transizione che vada a sostituire quello di Dbeibeh, accusato dai suoi avversari politici di corruzione. Il Segretario Generale delle Nazioni Unite per la Libia, Stephanie Williams, invece, ha detto che il Paese ha bisogno solo di un “orizzonte politico stabile”. Come interpreta queste parole? Dbeibah rimane al suo posto nonostante non si possa più definire una figura garante?

Avere un governo che sia solido e che sia capace di traghettare il Paese verso le elezioni senza ulteriori scossoni può essere ragionevole. Se vogliamo evitare che in Libia venga dimenticato l’obiettivo elettorale, bisogna continuare a sostenere le parti che vedono ancora le elezioni come un traguardo fondamentale. Dbeibeh vuole conservare la prospettiva elettorale e questo va assolutamente nella direzione delle Nazioni Unite. É anche vero che le parti in causa chiedono che nella legge elettorale venga messo per iscritto che l’attuale primo ministro non possa candidarsi alle elezioni perché altrimenti avrebbe una posizione di eccessivo vantaggio. Allo stesso tempo, però, la transizione prevede anche l’opzione di mantenere questo primo ministro per poter accompagnare il processo elettorale. É indubbiamente un momento molto delicato e complesso per la Libia.

Nel caso in cui si decidesse di creare un nuovo governo di transizione, ci potrebbe essere il rischio di un nuovo rinvio delle elezioni oltre giugno?

Potrebbe anche accadere, nel senso che bisogna affrontare due questioni fondamentali: costituzione e legge elettorale. La legge elettorale attuale sicuramente non è una buona legge perché favorisce alcuni poteri in particolare, ad esempio quello del presidente. Inoltre, è necessario evitare una forma di presidenzialismo troppo forte proprio perché la Libia già di per sé è molto frazionata e ha già vissuto in passato lotte per il potere. Secondo me, ad un certo punto, si arriverà ad un accordo di condivisione del potere, ad una formula di equilibrio. Sono processi non facili.

Come si può garantire la legittimità del voto e il rispetto del risultato elettorale, visto il caos derivato dalla valutazione delle candidature (quella di Dbeibah su tutti) e lo scontro sulla legge elettorale? È ragionevole pensare che ci saranno degli sconfitti che non accetteranno il voto?

É questo il vero problema. Ecco perché alcuni osservatori si interrogano sull’opportunità di andare oltre l’obiettivo elettorale che però – sia chiaro – rimane fondamentale. La situazione è da anni molto complicata sia sul piano politico che sul piano sociale. Si ha la percezione che ci sia una certa nostalgia per Gheddafi e questo vuol dire che evidentemente dai tempi del Raìs è rimasto un vuoto che deve essere ancora colmato. Peraltro, c’è la regione meridionale del Paese (il Fezzan, ndr) che è forse l’area più instabile. É necessario fare in modo che il governo che verrà sia un governo di unità nazionale che riesca anche a ricomporre questo mondo così variegato e che restituisca la dignità alle popolazioni del sud che si autopercepiscono emarginate dal potere centrale.

Considera Haftar (per le azioni militari intraprese in passato) e Gheddafi (ricercato per crimini di guerra) dei candidati accettabili?

Se le candidature rispondono a dei criteri legali e condivisi, chiaramente non posso dire che non si possano candidare. Il vero problema è portare la popolazione libica ad allargare gli orizzonti perché per adesso c’è una polarizzazione. Il popolo libico è un grande popolo, di grande acume politico. Ho un’enorme fiducia nella popolazione.

Vista la presenza ancora pressante degli attori internazionali in territorio libico, Turchia e Russia in primis, quali possibilità reali ci sono che si possa compiere il processo elettorale ed arrivare ad una stabilità post-elezioni ?

Nei prossimi 15 giorni vedremo cosa accadrà. La cosa veramente importante è vedere se si riuscirà ad agire sulla questione costituzionale e della legge elettorale. La questione della presenza di altri attori internazionali, come Turchia e Russia, ha una sua importanza ma non è tanto questo il problema, quanto trovare una convergenza di interessi. In questo momento sulle elezioni c’è una certa convergenza. Non credo che questo fattore possa essere l’unico determinante tutto l’esito del processo.

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