L’errore più grande che si può compiere nell’atto di giudicare fatti storici e politici è quello di applicare il criterio morale. Il più grave per due ragioni sostanziali: la prima conduce a pensare che taluni soggetti politici siano mossi dal “bene”, per cui la ragione starebbe sempre e comunque dalla loro parte, a prescindere dalle azioni che compiono in nome di quella medesima ragione. La seconda spinge a convincersi che il bene e il male siano effettivamente individuabili con infallibile certezza, e soprattutto separabili nettamente: per cui da una parte ci sono i buoni e dall’altra i cattivi. Da una parte i depositari di tutte le ragioni e dall’altra i titolari di tutti in torti.

La nostra epoca sciagurata, in cui domina la logica binaria e manichea dei social network (“mi piace”/ “non mi piace”), ha finito con l’esaltare in maniera parossistica l’atteggiamento erroneo di cui sopra. Mai come oggi ci si schiera a prescindere, come la tifoseria di uno stadio.

La posizione a cui si aderisce diventa una maglia da indossare al posto della pelle, una bandiera da sventolare, una fede incrollabile da proclamare. Chiunque provi ad avanzare un ragionamento critico e complesso – capace di utilizzare la categoria hegeliana della “distinzione”, per mettere in risalto luci e ombre delle due fedi opposte – viene ricoperto di insulti da entrambe le tifoserie, con l’accusa infamante di avere qualche interesse personale che lo spinge a non aderire alla verità del “Verbo”.

Un tempo si sarebbe utilizzato il termine “dogmatismo” per definire tale atteggiamento mentale, mentre oggi si può parlare tranquillamente di cretinismo. Quest’ultimo alimentato dalla logica egocentrica e quantitativa promossa dalla Rete: quella per cui il soggetto di un’opinione deve entusiasmare i tifosi e la loro sete di messaggi netti e banali, se vuole essere seguito da molti follower ed ottenere un buon numero di like.

Il ragionamento articolato, la riflessione profonda, la critica bilanciata sono tutti elementi di disturbo. Servono alla comprensione, ma ostacolano il consenso. E oggi il consenso numerico che anche gli opinionisti o intellettuali ottengono in Rete può tradursi in benefici economici o in qualche maniera comunque quantificabili. Ecco perché l’odierno “tradimento dei chierici” consiste prevalentemente nell’abbandono del ragionamento complesso e, con esso, dell’opinione pubblica alla logica “cretinistica” del tifo da stadio.

Questa lunga premessa per dire che si può giudicare in due modi la decisione della Corte suprema russa di sciogliere la Ong “Memorial”, quella nata nel 1989 per svelare i crimini compiuti dal regime sovietico.

Il primo è quello moralistico, per cui alla condanna del comunismo tout court (quello di regime insieme a quello rivoluzionario) si accompagna la facile lamentela per l’ennesimo caso di autoritarismo e diritti umani lesi da parte di un sistema autoritario (nel caso specifico quello di Putin). Tutto vero, tutto condivisibile, tutto facile. Come i like guadagnati.

Oppure si può applicare un pensiero più complesso, e allora scopriremmo che il governo autoritario di Putin – con le sue decisioni e pratiche liberticide – rappresenta piuttosto l’ennesimo colpo al cuore di quella “gigantesca avventura umana per cambiare il mondo” che è stata il comunismo rivoluzionario. Né più e né meno di Boris Eltsin – altro fenomeno di autoritarismo, però appoggiato dall’Occidente liberale in nome di quella che è stata una trasformazione selvaggia della società russa (passata dalla miseria collettiva del regime sovietico alla ricchezza sfrenata di pochissimi propria di un regime liberista) – Vladimir Putin è un dittatore di Stato che non solo non ha più bisogno dell’Occidente liberista, ma oggi lo avversa frontalmente. Anche e soprattutto ideologicamente: di qui il suo utilizzo cinico delle vittime dei gulag per marcare una distanza da chi oggi è nuovamente nemico.

Lo stesso cinismo che l’Occidente liberale aveva utilizzato nell’appoggiare Eltsin – in nome del superamento del regime comunista – quando in realtà si trattava di stringere affari con i pochissimi neomiliardari russi (mentre la stragrande maggioranza del popolo faceva la fame peggio che sotto il comunismo). Lo stesso cinismo che oggi, proprio oggi, gli Stati Uniti mettono in pratica nel colpire con una violenza devastante – e in un silenzio quasi generalizzato che risulta agghiacciante – Julian Assange, privato della libertà e con la vita distrutta in virtù della colpa più imperdonabile: aver svelato i segreti del governo americano.

Bisognerebbe spiegarglielo, ai complottisti nostrani e non, che è perfino comico gridare al regime per un vaccino, un green pass o delle politiche che cercano di contenere una pandemia oggettiva.
Certo che c’è un regime, ma quello è davanti ai nostri occhi, nei nostri stati che fingono di battersi per i diritti civili pur di poter distruggere incontrastati quelli politici e sociali. Non è certo nascosto nei meandri di una “Spectre” farmacologica o di una élite di mostri.

Certo anche che è meglio far finta di non vederlo questo regime. Come fecero i liberali quando esplodeva il nazifascismo, o i comunisti occidentali quando fingevano che in Urss si era realizzato il paradiso. Perché se lo individui sul serio quel regime, poi non hai scuse per non combatterlo…

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