Un anno del vino che sembra chiudersi meglio delle aspettative nonostante le premesse, ma uno nuovo che inizierà con molte incertezze (strano eh, di questi tempi?). Una delle principali, a leggere quanto uscito negli ultimi mesi e sentire i produttori, sarà capire come il mercato reagirà all’aumento dei prezzi e i ritocchini ai listini, resi necessari dal crescere dei costi delle materie prime.

Vetro, carta, logistica, ma anche energia, tanto che le associazioni di categoria hanno iniziato da tempo a fare un po’ di rumore anche chiedendo sgravi alle tassazioni su lavoro e appunto energia. ‘“I fornitori ci hanno già anticipato che a partire da gennaio i prezzi aumenteranno del 15% per quanto riguarda il vetro e del 30-40% per il cartone” racconta Claudio Farina, dell’azienda vinicola Farina, con sede in Valpolicella, citando questo pezzo uscito qualche giorno fa. Oltretutto in un anno di vendemmia piuttosto scarsa. Dinamiche che si rifletteranno sui prezzi dei vini: già da qualche settimana sono iniziati a girare listini rivisti ed e-mail di avviso delle modifiche; ma aumentare del 5-10% il prezzo di una bottiglia che esce su scaffale a 3 o 4 euro – la maggioranza dei vini venduti in Gdo – non è poco. Ed è qui che i grandi gruppi si stanno interrogando su come procedere gradualmente, essendo questi margini già molto bassi.

Poche le previsioni, con molte variabili ancora incerte, in un anno in cui le strategie delle cantine sono state diversissime, tra chi ha continuato a puntare sull’export, chi ha aperto negozi sui propri siti iniziando a vendere direttamente ai consumatori finali, chi ha potenziato e investito sull’online e chi sulla grande distribuzione, in aumento nel 2021 ma stimata in leggera contrazione nei prossimi mesi a causa della ripartenza dei locali, delle spese e conseguente minor consumo di vino a casa.

Altra questione: la logistica, con container che non si trovano e ritardi ormai diventati la norma soprattutto per le consegne internazionali, in un contesto generale non ancora del tutto stabile; in Cina, per esempio, continuano a spostare le fiere di tre mesi in tre mesi.

Sembrano andare molto bene invece i portali di vendita online, sia italiani sia stranieri, con prezzi spesso inferiori a quelli dei distributori tradizionali; ci sarà da vedere come questi si riorganizzeranno, in un mercato sempre più diviso tra i grandi, che possono permettersi investimenti, canali diversi e sguardo verso i mercati più attivi, e le aziende medio-piccole italiane, non sempre supportate da politiche agricole che, come si legge anche in questo report, partono da un approccio “che favorisce la scala e la specializzazione produttiva come fattori premianti nell’accesso alle politiche, mettendo in secondo piano il tema della connessione tra azienda e comunità rurale che, invece, è centrale nell’approccio multifunzionale” italiano.

In altre parole, se da un lato Frescobaldi – solo per citare un esempio – ha appena aperto un ufficio a Bordeaux per rafforzare la rete vendita nel mondo e crescere in Asia, le aste dei grandi vini raggiungono cifre sempre più alte e l’indice Liv-ex dei Fine Wine è in crescita da 18 mesi consecutivi, dall’altro appare abbastanza scritto che non tutti, tra produttori e distributori, riusciranno a sostenere tutti questi cambiamenti, non certo causati ma accelerati dalla pandemia.

Finale ottimista: può sembrare strano ma a me fa sempre un po’ piacere sentirmi negare una richiesta di vino da piccole cantine che negli ultimi vent’anni hanno puntato esclusivamente sulla qualità e che oggi, quando le chiami, ti dicono che vorrebbero tanto vendertelo, ma non hanno neanche una bottiglia rimasta.

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