Si sblocca la partita sulla legge di bilancio in Spagna. Tutti adesso danno per scontato che il governo del premier Pedro Sánchez arriverà a fine mandato, nel 2023, senza grandi difficoltà. Dopo il voto favorevole al Congresso a fine novembre, anche il Senato si prepara ad approvare la manovra il prossimo martedì, con una maggioranza ancora più stabile della precedente. Merito dell’accordo appena raggiunto tra il Partito Socialista e gli alleati di Esquerra Republicana (Erc), gli indipendentisti catalani di sinistra, sulla legge dell’audiovisivo.

Tutto ruotava attorno alla produzione cinematografica nelle lingue coufficiali: basco, catalano e galiziano. La normativa già stabiliva che le piattaforme con entrate da oltre 10 milioni di euro annuali in Spagna dovessero destinare il 5% a contenuti locali ed europei. Qui entra in gioco la riforma dell’audiovisivo: il 70% di quel 5% sarà dedicato a produzioni indipendenti e a sua volta il 15% di quel 70% servirà per le produzioni nelle lingue coufficiali. In totale, Erc stima un contributo di 15 milioni di euro, da sommare ai 10 del fondo di protezione cinematografico.

La differenza rispetto alla precedente versione del testo, quella criticata dai catalani, è che ora l’obbligo viene trasferito non solo alle televisioni pubbliche ma anche alle piattaforme internazionali come Netflix, HBO, Disney + e Amazon Prime. Erc ha dovuto però arrendersi sull’imposizione dei doppiaggi e sottotitoli nelle lingue coufficiali, sebbene resteranno attivi i finanziamenti del Dipartimento di Cultura, che finora hanno portato al doppiaggio di oltre 1.700 film e serie. Diego Avalos, capo di Netflix Spagna, ha rilasciato un’intervista a El País quando le piattaforme erano ancora escluse dall’obbligo, ma non sembrava essere preoccupato: “A noi interessa il talento in qualsiasi lingua. Più del 50% dei nostri iscritti ha visto un film spagnolo quest’anno, stiamo parlando di più di 100 milioni di famiglie”, ha affermato.

Dopo l’accordo sulla ley audiovisual, Erc ritirerà tutti i 17 emendamenti parziali sulla legge di bilancio registrati al Senato e tornerà ad appoggiare il governo confermando la maggioranza della precedente manovra economica del 2020. Sono ben 11 i partiti e 188 i voti che si sono già espressi a favore in Parlamento – tra cui proprio Erc – al bilancio più consistente della storia: 196 miliardi di euro, di cui 27 provenienti dai fondi europei. Sono 45 milioni in più dell’anno precedente e includono iniziative che accontentano quasi tutti gli alleati di governo, dalla legge per regolare gli affitti ai 12 miliardi destinati alle politiche per i più giovani, tra cui il contributo di 250 euro al mese per l’affitto e il buono culturale di 400 euro per i neo diciottenni.

Le richieste di Erc non finiscono qui. Il tavolo di discussione sul processo indipendentista è ancora attivo e c’è una polemica in corso su una sentenza del Tribunale Supremo che ha rifiutato un ricorso del governo catalano e imposto l’uso della lingua spagnola nelle scuole in almeno il 25% delle ore di insegnamento. Tuttavia, nonostante le tante realtà regionali confluite nella maggioranza, nessuno è disposto ad aprire una crisi, perché vorrebbe dire aprire le porte alla destra.

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