La canzone che ha scelto per dire addio alla Germania da cancelliera ha spiazzato la banda dell’esercito, che non l’aveva in repertorio. “Per me dovrebbero piovere rose rosse”, cantava Hildegard Knef nel 1968. E al suono di queste note, Angela Merkel si è congedata dal suo incarico nella cerimonia militare dello Zapfenstreich, ringraziando i tedeschi per la fiducia, “il più grande capitale in politica”. Ha esortato a combattere per la democrazia che può rivelarsi “fragile”. E ha salutato il potere con l’invito “a guardare sempre il mondo anche con gli occhi degli altri“.

“Oggi provo gratitudine e umiltà di fronte all’incarico che ho tenuto così a lungo”, ha esordito, mentre tutto il Paese si chiedeva se i suoi occhi si sarebbero appannati per l’emozione dopo 16 anni di governo. Nel suo brevissimo discorso, Merkel ha rivolto invece un pensiero a chi in queste ore “sta lottando per salvare vite“, negli ospedali tedeschi sovraccaricati dall’emergenza pandemica. Ha rievocato le sfide che l’hanno impegnata “sul piano politico e umano”. E poi si è seduta al centro della scena – cappotto e guanti neri in una gelida serata berlinese – per ascoltare i brani che aveva scelto. Così fecero prima di lei Helmut Kohl e Gerhard Schroeder, di cui si ricordano le lacrime su My way.

“Voglio tutto o nulla”, dice invece il ritornello della canzone voluta dalla Bundeskanzlerin, in un testo che rispecchia la forza e l’integrità delle ambizioni e delle aspirazioni di una donna che ha impressionato il mondo tenendo testa ai potenti (e ai prepotenti) della Terra. C’era poi un brano punk di Nina Hagen, del 1974, Du hast den farbfilm vergessen (“Ti sei dimenticato dei film a colori”): “Una hit della giovinezza nella Ddr“, ha spiegato in conferenza stampa qualche ora prima. Infine un inno religioso, il Te Deum, prima di quello nazionale di Haydn. E no, la cancelliera non ha mai pianto. Merkel, che a 67 anni si lascia la politica completamente alle spalle, è rimasta concentrata e anche stavolta ha controllato l’emozione.

Lo Zapfenstreich è occasione riservata ai leader del Paese, e ai ministri della Difesa. Quello di stasera – in formato ristretto per la pandemia, con 50 ministri con le mascherine da lei invitati – era un evento atteso con un po’ di rammarico da tanti, in una Germania che ancora vede la Bundeskanzlerin indiscutibilmente in testa alle classifiche dei politici più amati. Da oggi è ufficiale anche la data dell’insediamento del successore, il vicecancelliere uscente Olaf Scholz, in carica dall’8 dicembre, e stasera in platea. Un socialdemocratico di cui Merkel si fida, che le farà dormire “sonni tranquilli“, fu il commento dopo la clamorosa sconfitta della Cdu alle elezioni di settembre. Un rispetto reciproco: “Angela Merkel è stata una cancelliera di successo – ha scritto in queste ore Scholz su Twitter – Ha lavorato instancabilmente per il nostro Paese ed è rimasta fedele a se stessa in 16 anni in cui molto è cambiato”.

Alle 19.20, nel cortile del ministero della Difesa, la cancelliera aveva una giornata di lavoro quasi normale alle spalle – ne ha qualche altra davanti a sé -, segnata dall’ennesimo e ultimo vertice di crisi per gestire il drammatico sviluppo dell’emergenza Covid. Grande mediatrice di crisi profonde, come quella dell’euro che mise alla prova l’Ue e quella dei migranti, lascia la sua Germania in preda all’emergenza sanitaria più grave della storia della Repubblica. E a chi le ha chiesto quale fosse il suo stato d’animo, in questo frangente, ha risposto: “Mi sentirei meglio se fossimo nella situazione dell’Italia“. Una delle ultime battute del suo cancellierato segna anche un passo indietro rispetto alla promessa che Berlino non avrebbe mai imposto il vaccino anticovid: “Se sedessi ancora al Bundestag voterei sì”, ha ammesso oggi, compiendo l’ultima svolta.

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