“Siamo stati accolti come ‘salvatori della patria‘, poi abbandonati, insultati e bollati come ‘divanisti’, da quasi tutti i partiti. Ma l’Italia, dopo averci formato e aver investito su di noi, non può disperdere le nostre competenze”. A rivendicarlo, nel corso di una manifestazione organizzata di fronte alla sede dei ministeri dello Sviluppo economico e del Lavoro, diverse centinaia di navigator, dopo la scelta del governo di archiviare la figura professionale introdotta con l’introduzione del reddito di cittadinanza con il compito di aiutare i percettori del sussidio a trovare lavoro. Il loro contratto infatti scadrà a fine anno e in manovra non è previsto il rinnovo.
“Quello con il Ministero del lavoro è stato un incontro deludente, non ci sono impegni per la proroga o un percorso di riconoscimento delle professionalità acquisite da questi lavoratori, all’interno del rafforzamento complessivo delle politiche attive“, ha denunciato Nidil Cgil, dopo che i sindacati erano stati ricevuti. “Questo è un danno erariale. Si spreca un’opportunità di valorizzare lavoratori di cui c’è grande bisogno, paradossalmente in un momento in cui lo Stato investe miliardi con il Pnrr per le politiche attive, mentre abbandona lavoratrici e lavoratori professionalizzati che potrebbero dare un contributo importante, soprattutto a fronte del forte ritardo nel rafforzamento del personale dei centri per l’impiego”, hanno attaccato.
Tutto mentre fuori dal ministero dello Sviluppo economico i navigator si dividono tra rassegnazione e speranza: “La manovra è in fase di approvazione in Aula, speriamo che qualche emendamento possa correggere la direzione intrapresa dal governo”, c’è chi rilancia. Ma, seppur il ministro della Pubblica amministrazione, il forzista Renato Brunetta, abbia lasciato aperto qualche spiraglio per la soluzione del nodo navigator (“È un problema che si può risolvere, non va detto di no a nessun professionista che abbia acquisito un’esperienza. Se il dossier capiterà sul mio tavolo, lo tratterò ben volentieri assieme al collega Andrea Orlando”, ha dichiarato) e lo stesso M5s si dica pronto a presentare emendamenti in merito, lo stallo al momento resta. Tanto che i sindacati ora rilanciano la richiesta urgente di un incontro politico con gli stessi ministri Orlando e Brunetta.
In piazza, intanto, c’è chi racconta la sua delusione: “Sono rientrata dall’estero e ho vinto un concorso, ma il mio Paese mi ha sbattuto le porte in faccia e sono stata insultata”. Altri rilanciano: “Siamo stati abbandonati dall’inizio, non soltanto dal governo Draghi“. E sulle accuse ricevute c’è chi replica: “Vengano a vedere il nostro lavoro. Anche in piena pandemia, anche da casa in smart working, seguivamo i nostri calendari di appuntamenti. Ma è umiliante sentirsi etichettare come ‘disoccupati che cercano lavoro ad altri disoccupati’ o ascoltare slogan come quelli secondo cui l’unico lavoro da noi trovato sia stato il nostro”.
“Dal giugno 2019 ci siamo occupati di politiche attive, poi siamo stati gettati nel tritacarne mediatico di una lotta politica. Ma, se davvero i centri per l’impiego fossero rinnovati, i primi a essere profilati sarebbero quei politici che oggi ci attaccano”, c’è chi rilancia, sarcastico. Perché, spiegano, “la nostra barca è stata lasciata sulla spiaggia da chi doveva portarla in mare, ovvero le istituzioni”. E non manca chi racconta tutte le lacune riscontrate giorno per giorno: “La macchina burocratica non funziona, c’è chi ha trovato anche diverse offerte al percettore, ma non è servito a nulla”. E ancora: “Spesso, gran parte dell’offerta di formazione, non è adatta al tipo di casistica con cui ci troviamo a lavorare”. E ancora: “Mi è stato assegnato un percettore con un passato psichiatrico, seguito già dai servizi sociali, ma finito per errore tra coloro assegnati ai centri per l’impiego. Anche per correggere un errore a monte come questo ci possono volere tre mesi per risolverlo”, spiega una navigator.
Non è l’unica a segnalare quei nodi critici, non corretti comunque dal governo con le modifiche già introdotte nella legge di stabilità in corso di approvazione. Correzioni che, più che correggere i problemi, sembrano rispondere all’esigenza di placare le polemiche politiche, dopo gli attacchi dei partiti di centrodestra e di Italia viva al reddito di cittadinanza. Non a caso, le stesse dieci proposte avanzate dalla commissione Saraceno, istituita al ministero del Lavoro, restano per ora accantonate, non recepite in manovra. “Tra le modifiche introdotte, quella che contestiamo di più è quella relativa alla definizione di “offerta congrua”. Immaginare che per seicento o settecento euro si possa spostare la propria vita oltre i cento chilometri, onestamente, è irrealistico”, attacca la Nidil Cgil.
Ma ad essere contestato è anche Il coinvolgimento accanto ai Centri per l’impiego delle agenzie per il lavoro private. “Se queste esistevano già prima dell’introduzione dei navigator, come mai chi si trova oggi a dover richiedere il reddito di cittadinanza non ha mai trovato lavoro?”, c’è chi attacca sarcastico. E ancora: “La formazione di giovani e di tante persone con bassa scolarizzazione non può che essere affidata allo Stato, chi fa profitto come i privati non ha interesse”, spiegano i navigator. E non manca chi attacca pure gli imprenditori: “Smettano di dire che si preferisce restare a casa pur di non lavorare e prendere il reddito. Basta sottopagare le persone“.
La stessa richiesta di avviare percorsi preferenziali per chi ha già avuto un’esperienza da navigator per le assunzioni delle Regioni nei centri per l’impiego resta al momento una chimera: “La preferenza al momento è prevista soltanto a parità di punteggio, dopo il superamento del concorso. Una misura insufficiente. E subordinata al fatto che le Regioni bandiscano i concorsi, quando molte di queste sono in estremo ritardo“, c’è chi precisa. E pure i sindacati concordano: “Di fatto, ogni Regione va per conto suo e una corsia preferenziale non c’è“, spiega pure Gianvincenzo Benito Petrassi, segretario nazionale Uiltemp. “Lo Stato e le Regioni hanno investito risorse e tempo su di noi, chiediamo che questo investimento abbia un futuro”, è l’ultimo appello rilanciato in piazza.
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