Un bollino rosa con le orme di due piedini stretti che si infilano tra due piedini larghi per indicare “scene di sesso”. Un profilo di un viso a bocca aperta da cui fuoriescono asterischi, punti esclamativi e stelline per indicare “turpiloquio”. Una roba incomprensibile con due sagomine che ne tirano per un orecchio un’altra per indicare “discriminazione e odio”. Questi sono solo alcuni dei bollini che il Mibact mette a disposizione per classificare film dai contenuti sensibili a livello di spot, trailer, lanci social, come segnalato da un articolo de Il Giornale. Le cosine colorate suddette le trovate qui.

Insomma, una pena. Una pena grafica, ovviamente. Una pena concettuale, di base. Una pena regressiva dopo decenni di emancipazione di senso, di libertà creativa e di auto emancipazione intellettuale. Gerard Depardieu si taglia il pistolino in Ciao Maschio? Pronto il bollino “auto-evirazione” con tanto di pene mozzato. Clara Calamai in Profondo Rosso rimane sgozzata dalla collana rimasta incastrata nell’ascensore schizzando sangue e bava? Pronto il bollino “ascensore guasto” con tanto di porte chiuse. Il sesso anale tra Brando e Schneider in Ultimo tango? Bollino con “panetto di burro” e la sbarra sopra modello divieto.

Insomma, nel 2021 lo Stato italiano deve avvisare il pubblico su cosa ci sarà in un film con dei bollini apposti su ogni suo materiale promozionale. Ma dico: facciamo sul serio? Non bastava il sempiterno divieto per la visione ai vari livelli d’età, c’era bisogno pure dei bollini quando si decide che film andare a vedere.

C’è l’iconcina sull’“uso di alcol e droga”? Allora Quei bravi ragazzi non lo vado mica a vedere, metti poi che casco nel giro della coca entro sera. C’è quella “scene di sesso”? No Ritorno a Brokeback Mountain (o Lussuria sempre di Ang Lee) meglio di no, sia mai che non si voglia emulare i protagonisti. C’è il bollino “turpiloquio” (dio, mio, ancora dobbiamo sentire questo termine, ma perché?)? Ah niente L’ultimo bacio non si entra, chissà mai che non si impari a dire “vaffanculo” e poi tocca confessarci da Don Matteo.

Queste iniziative “serie” che abbondano nelle burocratiche stanze ministeriali sembrano momenti grotteschi di un evo assurdo. Un paternalismo istituzionale protettivo e predittivo alla Don Camillo tagliato con dosi di Crepet, innaffiando da un rosè Palombelli, ci dice che con i bollini proteggiamo gli spettatori più “sensibili”. Manca solo che ci indichino che potrebbe essere complicato psicologicamente mangiare la pastasciutta (bollino con forchetta che arrotola spaghetti). La solita storia, insomma. E il cinema sempre lì ad affogare.

Arancia Meccanica di Kubrick – che uscirà tra l’altro nelle sale il 29 novembre prossimo per pochi giorni – ma facciamo pure serenamente mezza filmografia di Kubrick, sarebbe tutta una giaculatoria visiva di bollini, bolle, richiami, disegnini, iconcine, sciocchezze moralistiche varie a bollare, distorcere, insozzare la meraviglia del visionario (un trailer di Arancia Meccanica collezionerebbe tutti i bollini possibili inventati dal Mibact, peraltro). Il punto è che chi dà gli ordini torna insistentemente a quell’idea che tutto ciò che riguarda l’arte audiovisiva vada ponderato e misurato, smussato ed edulcorato, perché mi raccomando come in Orwell la realtà la racconta solo il Ministero della Verità (dei bollini) il resto è solo pericolo costante da ogni barbarico film.

Così mentre nell’arte contemporanea dove ci si inventano valori economici delle opere astronomici, dove si specula moralmente sull’impossibile, gli artisti scuoiano bestie, impalano cadaveri animali, sguazzano nella provocazione per il loro smodato e criminale conto in banca, niente bollini. Vedere però Al Pacino che pippa la coca a fiumi in Scarface merita cento bollini di reprimenda, tre ave maria e un tampone antigenico. Bigotti, puritani, estremisti del ben pensare, viviamo un’epoca terrificante. Mandate a letto i bambini e mettiamo un bollino (qualsiasi) quando appaiono le iniziative del Ministero della Cultura.

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