“Verosimilmente la terza dose sarà necessaria per tutti”. L’efficacia dei vaccini contro il Covid resta alta nel tempo per proteggere da una malattia grave, ma la difesa dal contagio cala e con l’arrivo dell’inverno c’è il rischio di una nuova risalita dei casi: per questo motivo, spiega il sottosegretario alla Salute, Pierpaolo Sileri, “entro l’anno si procederà a somministrare la terza dose per anziani e personale sanitario. Poi da gennaio al resto della popolazione, scaglionato in base a quando è stata somministrata la prima e la seconda dose“. Intervistato da Radio Capital, Sileri precisa anche un altro aspetto: sarà data precedenza a chi ha fatto il vaccino Johnson&Johnson “che avrà bisogno di un richiamo in tempi brevi“.

Proprio la situazione di chi ha ricevuto il vaccino monodose a vettore virale è all’esame della Commissione tecnico consultiva dell’Aifa, che ne discuterà nella riunione del 28 ottobre. A chiedere un parere all’ente regolatorio italiano è stato proprio il ministero della Salute. Tra le ipotesi la possibilità che per la nuova inoculazione venga utilizzato un vaccino a mRna, Pfizer o Moderna. Non solo: secondo fonti qualificate, citate dall’Ansa, la somministrazione non deve essere considerata come un richiamo, poiché l’immunizzante J&J è monodose e per una nuova somministrazione non sarebbe necessario aspettare che sia trascorso il periodo di sei mesi.

La scelta della terza dose, sottolinea Sileri, “è auspicabile sia condivisa da tutta Europa, considerando il boom di contagi in alcuni paesi europei”, dove insieme ai casi “aumenta il rischio che si diffondano nuove varianti“. Anche per questo, conclude Sileri, “il green pass obbligatorio lo toglieremo, ma non ora. Bisogna procedere per gradi. Prima toglieremo l’obbligo del distanziamento, poi le mascherine e infine il green pass. Il vaccino obbligatorio non servirebbe, non convincerà i no vax a vaccinarsi”.

Attualmente l’Italia sta seguendo il calendario indicato dall’Ema per effettuare le terze dosi: prima gli immunocompromessi, poi over 80 e residenti nelle Rsa, a seguire personale sanitario e over 60 fragili. Tra la seconda dose e la nuova somministrazione devono passare 6 mesi. Si è partiti da queste categorie perché sono quelle più a rischio di contrarre una forma grave del Covid, perché hanno una risposta immunitaria più debole. Discorso diverso per chi ha ricevuto il monodose Johnson&Johnson, che se Aifa darà il via libera riceverà una dose aggiuntiva senza aspettare i sei mesi e indipendentemente dall’età.

L’agenzia europea Ema ha comunque approvato le terze dosi per tutti gli over 18 (sia con Pfizer che con Moderna). La nuova somministrazione è stata anticipata per via della variante Delta, molto più trasmissibile. Se stia arrivando una quarta ondata ancora non è chiaro ma “qualunque cosa accada quest’inverno, è più rassicurante affrontarla con l’85% di vaccinati”, motivo per cui, prendendo a esempio la Gran Bretagna dove si sta “già osservando un calo di efficacia dei vaccini”, “c’è probabilmente bisogno delle terze dosi, e non c’è nulla di strano”, ha spiegato Sergio Abrignani, immunologo dell’università di Milano e membro del Comitato tecnico scientifico, in un’intervista a Repubblica.

“La maggior parte dei vaccini che conosciamo prevedono tre dosi. Adesso è giusto dare la precedenza a chi ha più bisogno, poi l’ulteriore richiamo potrà essere esteso a tutti“, ha aggiunto Abrignani. “L’85% di vaccinati senza obbligo sono un dato straordinario – ha sottolineato l’immunologo – Se, come spero, arriveremo al 90% entro l’anno, sarebbe un risultato stellare”. In merito ai “6-7 milioni di persone che mancano da noi, la maggior parte può essere convinta“, ha detto ancora Abrignani. “Gli irriducibili con certezze paranoidi sono attorno a un milione, e con chi si nutre di false certezze non si può discutere”.

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