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Kobe Bryant, la rabbia della vedova Vanessa: “Così ho scoperto della sua morte” e fa causa a chi ha diffuso le immagini

La moglie del campione di NBA morto il 26 gennaio 2020, chiamata a deporre in vista del processo intentato contro chi ha pubblicato le foto dei corpi dell’ex stella dei Lakers e della loro figlia, ha svelato alcuni dettagli di quella tragica giornata. La contea di Los Angeles chiede valutazioni mediche sul suo stato psicologico, i legali di Vanessa non ci stanno: "Richiesta crudele"

di F. Q.

Aveva promesso che si sarebbe battuta affinché i responsabili della diffusione degli scatti fossero puniti e ha mantenuto la parola. Parliamo di Vanessa Bryant, vedova del campione dei Los Angeles Lakers morto il 26 gennaio 2020 insieme alla figlia Gianna a causa di un incidente in elicottero. Stando a quanto riportato dalla Cnn, il 12 ottobre Vanessa ha risposto a diverse domande durante la deposizione per il processo contro la contea di Los Angeles: “Avevo chiesto esplicitamente che l’area fosse messa al sicuro e non è successo. Io voglio che si prendano le loro responsabilità, non denaro”, ha dichiarato la 39enne.

La sua versione dei fatti. Vanessa era a casa con le due figli minori (Bianka e Capri) quando un assistente, attorno alle 11.30 l’ha avvertita dell’incidente dicendole che 5 persone erano sopravvissute. La donna ha sperato che l’amato marito e la loro figlia 13enne fossero tra quelle. Dopo averlo chiamato invano ha cominciato a temere il peggio. Poi, il tutto le è stato confermato da una serie di notifiche sul cellulare che davano la notizia: “Kobe Bryant e la figlia Gianna sono tra le vittime”. A quel punto ha tentato di raggiungere il luogo dell’incidente ma inutilmente, a causa delle avverse condizioni atmosferiche. Quindi si è recata alla stazione dello sceriffo di Malibu insieme a Rob Pelinka, general manager dei Los Angeles Lakers ma soprattutto ex agente storico di Kobe. Lì, la conferma e dunque la richiesta da parte sua di mettere in sicurezza l’area affinché tutto fosse gestito con delicatezza e riserbo.

Promessa – secondo la sua accusa – non mantenuta. “Gli stessi quattro poliziotti che avrebbero dovuto farlo hanno scattato numerose fotografie, anche nell’ordine delle centinaia, facendole circolare internamente ed esternamente al corpo di polizia nelle successive 48 ore. L’impatto dell’elicottero è stato devastante, non capisco come qualcuno possa avere così poco riguardo della vita umana e così poca compassione, scegliendo invece di cogliere quell’occasione per fotografare individui senza vita e senza aiuto per il loro divertimento malato”, ha detto Vanessa. La vedova quindi ha raccontato in aula di aver prelevato dall’area gli abiti di Kobe e Gianna: “Se i loro vestiti sono rappresentativi delle condizioni dei loro corpi, non posso immaginare come qualcuno possa essere così perfido e diffondere le immagini come se fossero animali sulla strada”.

Le sue pesanti parole arrivano in un momento molto delicato, con la contea di Los Angeles che ha chiesto valutazioni mediche e psichiatriche su Vanessa Bryant e gli altri che hanno fatto causa alle autorità per stress emotivo. “Quando i servitori pubblici violano la privacy e i diritti costituzionali dei cittadini che hanno giurato di difendere – è stato il commento degli avvocati della donna – le vittime devono lottare all’inverosimile per cercare giustizia. È una richiesta crudele“. Nelle prossime settimane verranno ascoltati altri testimoni, mentre il dipartimento dello sceriffo ha rifiutato di commentare la vicenda.

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