In queste ultime settimane, complici il Salone del Libro di Torino e la Buchmesse di Francoforte, AIE-Associazione Editori Italiani ha diffuso molti dati che evidenziano il momento di effervescenza che sta vivendo il settore. Con un giro di affari di oltre 3 miliardi di euro, l’editoria nel 2020 si è posizionata al secondo posto nell’industria culturale in Italia – al primo con 3,172 miliardi ci sono le pay tv – e la terza industria editoriale europea dietro solo a Germania (9,3 miliardi) e Regno Unito (7,5 miliardi).

Sicuramente un buon risultato che conferma il trend rilevato durante i lockdown.

Nel rapporto, realizzato in collaborazione con Bologna Children’s Book Fair, BolognaBookPlus e Bologna Fiere, presentato a Francoforte, ancora una volta viene confermata la crescita del digitale (ebook, audiolibri e banche dati): +10,9% per un valore di 430,2 milioni.

I responsabili di AIE hanno anche ricordato che questi numeri sono penalizzati dagli introiti persi a causa della pirateria, digitale e fisica che ammontavano nel 2019, secondo la stima ‘prudenziale’ di Ipsos, a 528 milioni di euro e a circa 36 milioni di copie, tra libri a stampa e download di e-book e audiolibri. I dati relativi al 2020 sono in corso di elaborazione. Il 61% di questi mancati ricavi riguardavano il settore della varia, il 20% l’universitario e il 19% quello professionale.

Concentriamo ancora sul digitale: nel trade le vendite degli e-book sono aumentate del 37% e del 94% quelle degli audiolibri, la lettura e l’ascolto digitale valgono insieme il 7,4% del mercato contro il 5,3% del 2019. E se spingiamo la nostra analisi più a fondo, scopriamo che è avvenuto uno stravolgimento nell’equilibrio tra i canali di vendita, con le librerie online che passano in un anno dal 27% del mercato di varia al 43%. Però, secondo la ricerca di AIE presentate al Salone del Libro di Torino, nei primi sei mesi del 2021 le librerie fisiche hanno nuovamente sorpassato quelle online e le vendite del catalogo sono cresciute di più rispetto alle novità.

Questo dato mi ha fatto particolarmente piacere. Finalmente gli editori hanno capito che il digitale può essere una grande opportunità per dare più importanza al catalogo e per evitare la morte di quei libri che, avendo venduto poche centinaia di copie, non conveniva ristampare. Grazie al digitale e alla stampa on demand, tutti i libri possono essere sempre disponibili. La crescita dell’online, inoltre, esalta la coda lunga con il risultato che, oggi, i titoli commercialmente vivi, ovvero disponibili, sono 1,26 milioni, in crescita del 4,5%. Erano 716 mila nel 2010. Per gli e-book, siamo a quota 500mila, erano 17 mila nel 2010. E senza considerare gli autopubblicati che rappresentano una grande fetta di mercato in costante crescita.

Nel 2020 la produzione libraria italiana è radicalmente cambiata: nel settore di varia sono state pubblicate 69.608 novità, in calo del 5,6%; nella scolastica 4.067, in calo del 10,3%. Complessivamente, le novità sono state 73.675, con una riduzione del 5,9%. Contemporaneamente, però, gli e-book sono cresciuti del 7,2%, raggiungendo quota 52.273.

Infine, AIE ha posto l’accento sulla crescita dell’editoria italiana nei mercati stranieri anche nell’anno del Covid e dello stop alle fiere internazionali. Nel 2020 la vendita di diritti è stata pari a 8.586 opere, +0,2% rispetto al 2019 pari al 12% della produzione editoriale di novità. Nel 2001 solo il 4% dei titoli pubblicati trovavano interesse da parte delle case editrici straniere. Battuta d’arresto, invece, per l’import: sono state 9.127 le opere di autori stranieri acquistate dagli editori italiani, in calo del 5,4%. L’Europa, con 5.914 opere acquistate, resta di gran lunga il primo mercato di sbocco, con il 69% dei titoli venduti all’estero. La Spagna ne ha acquistati 1301, segue la Francia (917), la Polonia (650), la Germania (591) e il Regno Unito (237).

Tutte rose? Purtroppo no, c’è un problema che in questo momento preoccupa gli editori: la carta. Una grave difficoltà, evidenziata da “Il giornale della libreria”, che rischia di far rallentare la crescita in questo momento di grazia. Il prezzo della materia prima lievita ma non si può riversare sui lettori e i più penalizzati sono i piccoli e medi editori che rischiano di uscire dal mercato.

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