La performance di Renato Brunetta, veneziano e ministro della Pubblica amministrazione, comincia sui gradini della Scuola Granda della Misericordia, davanti al cartello che indica l’obbligo di Green pass: “Guardate, fotografatemi…”, si sbraccia. Continua all’interno: “È un momento magico per il Paese, stiamo uscendo bene dal Covid e il Pil cresce più di 6 punti, viaggiamo verso il 7 per cento. L’Italia è diventata simpatica, qui è bello fare investimenti. Con gentilezza, cortesia ed efficienza faremo le riforme, altrimenti l’Europa non ci dà il becco di un quattrino”. Lo show finisce all’imbarcadero, con il ministro che saltella con il pallone della Reyer appena regalatogli dal sindaco Luigi Brugnaro. Si commuove: “Io qui ci venivo 55 anni fa a fare ginnastica, faceva freddo e non c’erano neanche le docce”. Non lo dice, ma a Venezia tutti sanno che è orgoglioso della sue origini povere, passate a vendere gondolette di plastica su un banchetto con il padre proprio nel sestiere di Cannaregio.

Il riferimento a quel mondo antico non sembri fuoriluogo. Il direttore de Il Foglio, Claudio Cerasa, ha chiamato in laguna per la terza edizione del “Festival dell’innovazione” un bel gruppetto di ministri e teste pensanti. Parola difficile da pronunciare, innovazione, perchè può contenere tutto e niente, può essere una chiave che apre nuovi scenari o semplicemente un contenitore vuoto. “Ma noi siamo ossessionati dall’ottimismo – spiega Cerasa – e vogliamo applicare l’innovazione alle cose concrete”. In effetti, l’alternarsi delle voci di protagonisti dell’amministrazione pubblica, della cultura e dell’impresa, dà vita ad una carrellata del pensare positivo. Almeno nelle intenzioni. Molto poca ideologia politica, molto senso del fare. Consapevolezza che l’incubo comincia ad essere dietro di noi e davanti c’è molto da costruire.

Per questo Brunetta evoca la risurrezione post-bellica, con toni entusiasti, se non addirittura enfatici. “Il mio predecessore (la grillina Fabiana Dadone, ndr) ha avuto l’idea giusta di mettere in smart working i lavoratori per il Covid. Ma lo ha fatto all’italiana. Non c’era un contratto di lavoro, non c’era organizzazione del lavoro, né tecnologia e neppure una piattaforma tecnologica. Il cambiamento non è un flirt estivo, deve diventare strutturale. E io ho già fatto la semplificazione e una riforma”. Sembra di vivere in un paese dei balocchi. “Sette anni, servono gli anni di un mandato del presidente della Repubblica, per completare tutto questo. Ma tra un mese ci sarà il contratto per il lavoro da remoto della pubblica amministrazione”. Ha parlato di assunzioni da turn over per 100mila posti all’anno, di tanti concorsi da fare. “I soldi ci sono, anche troppi, casomai avremo il problema opposto, trovare i lavoratori”.

Mondi che si aprono anche nella visione tecnocratica di Vittorio Colao, ministro per l’Innovazione tecnologica: “In Italia tutti vogliono consorziarsi, bisogna invece superare il tabù della politica e affrontare la concorrenza, recuperando produttività e competitività”. Il Recovery Plan? “Non è un treno che va avanti da solo, ma può riportare l’Italia a livelli di Paese d’eccellenza”. Un altro ministro, Dario Franceschini: “La cultura è il ministero dell’economia più importante”. Se questa è la premessa, come si concilia l’innovazione con lo strapotere delle Soprintendenze, stigmatizzato dal ministro Cingolani che vorrebbe mano libera sulle trasformazioni energetiche? A domanda velenosetta, risposta conservatrice. “È molto di moda prendersela con le soprintendenze, ma l’Italia esporta nel mondo e vende perché alle spalle ha le sue bellezze, la sua storia e il paesaggio, la cui tutela è un dovere costituzionale. Per questo le soprintendenze fanno bene a farlo”.

“Cingolani – argomenta Franceschini – sa benissimo che nelle norme per il Pnrr, per accelerare le opere, abbiamo inserito una Soprintendenza unica nazionale che sostituirà quelle territoriali per le grandi opere, abbiamo tolto le autorizzazioni con termine per gli impianti ad energia solare, abbiamo liberalizzato l’installazione delle pale eoliche e la sostituzione delle antenne precedenti con quelle del 5G. A parlar male delle soprintendenze ci andrei cauto”. E sul tema delle riaperture: “Le discoteche non sono musei. La differenza è evidente per tutti, non serve essere uno scienziato, un conto è camminare in un museo, un conto ballare, che richiede contatto”. Casomai una disparità c’è tra i treni e i cinema che sono contingentati. “I treni e i supermercati sono pieni, si possono fare feste e matrimoni, non mi pare che stare al cinema con una persona al proprio fianco sia più rischioso”. Di innovazione tra impresa e cultura ha parlato Claudia Ferrazzi, già consigliera di Emmanuel Macron all’Eliseo. Di scienza, infine, ha disquisito Maria Chiara Carrozza, presidente del Cnr e già ministra dell’Istruzione: “Il Covid è un’opportunità e tutti i nostri ricercatori hanno un unico scopo, migliorare il mondo”.

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