Non passerà alla storia il comizio congiunto di Giorgia Meloni ed Enrico Michetti in piazza del Popolo, a Roma. Eppure l’attesa era notevole: circa 2.500 le sedie sistemate e occupate, con delegazioni del partito provenienti da tutti i capoluoghi di provincia del Lazio, ma anche da Marche e Abruzzo. Tra bandiere tricolori e di Fratelli d’Italia, secondo gli organizzatori, sono arrivati in diecimila. L’atmosfera, però – complice anche il distanziamento imposto dal Covid – appare sottotono e nel complesso abbastanza dimessa. “L’Italia del riscatto”, lo slogan a grandi lettere sul palco.

Roma merita rispetto“, quello esposto in piazza. Non mancano i richiami all’inno d’Italia: “Che schiava di Roma iddio la creò”: si legge su uno striscione artigianale appeso a una delle fontane. Alle quattro e mezza in punto arriva l’avvocato e speaker radiofonico, dato per più probabile successore di Virginia Raggi: lo accoglie Paolo Trancassini, deputato di Fratelli d’Italia. Si abbracciano. Nel frattempo, dal palco – dove si esibiscono alcuni danzatori – si tenta di lanciare cori per scaldare la folla: “Chi non salta comunista è!“. Scatta qualche applauso, poi arriva la musica, da Mia Martini a Rino Gaetano.

La leader del partito compare alle 17. Saluta la folla e invita a restare seduti. “Michetti non va ai confronti? lo capisco, perché ha un gap, è meno conosciuto rispetto ai suoi avversari e deve farsi conoscere”, esordisce. “Secondo loro dovrebbe passare tutti i giorni chiuso in due o tre sale a parlare con loro. Secondo me deve stare in mezzo alla gente“.

Poi chiarisce: “Credo che farà a un certo punto un confronto istituzionale, perché è giusto farlo. Ma qui parliamo di due o tre confronti al giorno. Penso che Michetti lo debbano conoscere i romani e non Raggi, Gualtieri e Calenda che tanto non lo votano”, argomenta. Presenti al gran completo i candidati nelle liste di FdI, comprese quelle municipali. Michetti si rintana dietro al palco, passeggia e lo si vede ripetere nervosamente il discorso. Quando è il suo turno punta sull’usato sicuro e invoca i valori cari alla destra: patria, popolo e famiglia. Non prima, però, di aver risposto alle polemiche sui cosiddetti “impresentabili” nelle sue liste. “Il centrodestra viene dipinto da alcuni come omofobo, negazionista, razzista. Non è vero: noi siamo gente per bene. Rispettiamo la costituzione, il popolo, la famiglia, amiamo la patria”, assicura.

Poi passa all’attacco: i bersagli sono il governatore del Lazio, Nicola Zingaretti, e ovviamente la sindaca. “Berlino, Londra, Parigi corrono verso gli eventi, noi li subiamo e ci occupiamo della monnezza”, polemizza, richiamando il “gran rifiuto” che nel 2016 Raggi oppose alla candidatura di Roma per le Olimpiadi 2024. Meloni rincara la dose: “Ci sono topi come labrador, gabbiani come assassini, e i cinghiali. Raggi invece di fare il sindaco ha fatto la zoologa, la potrebbero candidare alla gestione del Bioparco”. E rivela: “È stato Paolo Gentiloni a proporre di nominare Michetti Cavaliere del lavoro. I suoi avversari sanno benissimo chi è, per questo fanno comunella contro di lui”. Quando sul palco è il turno di Giorgia, però, accade un siparietto. Un passante, maglietta rossa e occhiali da sole, dalla terrazza dietro al palco intona più volte un inequivoco “‘a merde!“. Dura pochi secondi, la security si agita ma il contestatore si è già allontanato. Meloni neanche se ne accorge e va avanti con il comizio. Parla una mezz’oretta, Michetti le sta a fianco. A un certo punto pare avere un cedimento. “Enri’, ti sei stancato?“, scherza la leader. Il “professore” scuote la testa sorride e la folla tente un coro “Enrico, Enrico“, che però si spegne quasi subito. Alle 19 parte l’inno d’Italia, photo opportunity sul palco con Michetti per i candidati nei Municipi. La piazza si svuota. Restano gli operai e i giornalisti. “Grazie ragazzi, buon lavoro“, dice Michetti, e se ne va via da solo.

I nuovi Re di Roma

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