Mi è capitato di lavorare in televisione con Raffaella Carrà solo una volta, per un evento di una notte. In Francia, a Cannes, per la presentazione dei palinsesti Rai. Raffaella Carrà e Fabio Fazio i prestigiosi conduttori di una serata che richiese una settimana di preparazione. Era vent’anni fa circa. Raffaella Carrà, un’icona di tutto e di tutti, ma che non apprezzava essere venerata. Rapporti diretti e semplici. Voglia di lavorare, ma nel divertimento. Allora provavo anch’io a dire cose divertenti. Così, per vederla ridere con la testa all’indietro come solo lei sapeva fare. “Simpatico. Non sembri milanese”.

Ma non è solo per questo meraviglioso complimento che la voglio elogiare. Aveva anche difetti. I suoi balletti non sempre tecnicamente ineccepibili, le sue canzoni non sempre indimenticabili, la sua bellezza non era apprezzata da tutti e da tutte. Eppure nessuna come lei. La parola che mi viene per descriverla è “carisma”. Una magia che non può essere capita osservando i dettagli di una persona, ma solo percepita. Un dono divino.

Per descrivere l’importanza di Raffaella Carrà nello spettacolo leggero italiano cito le parole che ha usato in passato l’intellettuale americana Camille Paglia per descrivere la forza femminile pre-femminista di LIz Taylor. Aveva “un tipo di femminilità che ora è completamente impossibile da trovare sullo schermo “…” Era radicato nella realtà ormonale: la vitalità della natura”.

Sono passati gli anni e non mi è più successo di collaborare con lei.

Che peccato.

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