Cultura

Raffaella Carrà, il mondo dello spettacolo perde la sua Star. Spontanea, ironica, talentuosa: mai nessuna come lei

Un’alchimia che sembra oro colato, nell’oceano contemporaneo del narcisismo sfrenato, in cui la Carrà ci lascia orfani di un sorriso bonario e sincero, corpo in perpetuo movimento, voce limpida e tonante, a intrattenere quattro generazioni di italiani

di Davide Turrini

Semplicemente regina. Raffaella Carrà è morta a 78 anni dopo una malattia che l’aveva colpita duramente di recente e di cui nulla era trapelato. E questa volta, però, sul serio, il mondo dello spettacolo italiano perde la sua più luminosa, instancabile, intramontabile star. Era stata tutto, nell’ambito dello spettacolo, Raffaella Maria Roberta Pelloni, bolognese di nascita, ma romagnola e siciliana nel sangue: bambina prodigio, ballerina precoce, attrice giovanissima, cantante e conduttrice tv stratosferica. Ovunque vai a recuperare un’immagine della Raffa nazionale, da quella che dà la frustata con il collo facendo sobbalzare all’indietro il caschetto biondo, alla risata irrefrenabile davanti ad una barzelletta di Gigi Proietti o ad un assalto fisico di Roberto Benigni, e la ritrovi spontanea, ilare e giocosa. E adesso che si fa? Si riprende il ritornello di Tanti Auguri (“com’è bello far l’amore da Trieste in giù”) o si ripete ancora una volta che chi ha fatto una sorpresa inattesa ha compiuto una “carrambata”? Raffaella talento unico dell’intrattenimento. Conta i fagioli dentro al bussolotto e gli italiani ipnotizzati sperano di diventare milionari che nemmeno il Totocalcio.

Raffaella si presenta in scena con l’ombelico scoperto e gli italiani osservano altrettanto ipnotizzati la loro personalissima liberazione sessuale. Raffaella prorompe guizzante nei tocchi del Tuca Tuca duettando con un Alberto Sordi mai così imbizzarrito e gli italiani ammutoliti sperano di essere per un attimo i fianchi, il petto e il viso di Albertone. Si racconta che quando la carriera cinematografica della Carrà non aveva dato i frutti sperati agli inizi degli anni sessanta, consumate, anzi disintegrate già le scarpette da danzatrice classica (saltellava sulle punte da quando aveva tre anni), dimenticato presto il film hollywoodiano con Frank Sinatra (la liaison ci fu, ma mai se ne diede troppo peso) e le apparizioni ne I compagni di Monicelli o nell’elegante francesissimo Il caso Venere Privata, la bella giovane emiliana apparve dinanzi all’allora direttorissimo, fanfaniano, della Rai, Ettore Bernabei per chieder “tre minuti tutti per sé”. Sicura la Raffa, di fare colpo davanti agli occhi di tutto lo stivale, lo era per diritto divino. Moderna e disinvolta nello sfruttare la casella della showgirl come mai fatto in precedenza, quando ancora la donna in tv al massimo si permetteva il contorno da comico (Bice Valori, Franca Valeri) o gareggiava dietro a Mina a sfiorare acuti impossibili. “Oh che bel castello, ma con dirondirondello”.

La Carrà ancora castana scende la scalinata di Io, Agata e tu nel 1970 e intanto compie quei tre movimenti di ballo che faranno storia: collo, gamba sinistra aperta di slancio, braccia aperte e sorriso. Raffaella soubrette che affianca un grande, sornione, mai troppo compreso Nino Ferrer, è alla prima vera esperienza su piccolo schermo. Acerba sì, ma già pronta al salto nazionalpopolare. Canzonissima con Corrado ne rivela un talento canoro incredibile. Ma che musica maestro, per dire, e per suonare. Carrà cantante anche grazie all’ironia di Gianni Boncompagni. Pigmalione, fidanzato, amico, suggeritore. Ponte ideale tra quegli anni settanta che passano tra i successi, perfino internazionali, dei brani più celebri (Tanti auguri diventerà per davvero un inno ad un amore libero e senza condizionamenti culturali dalla Scandinavia al Sud America), a quegli anni ottanta che complice sempre il sodale Gianni, faranno della Carrà la Raffa nazionale. Pronto, Raffaella? è l’apoteosi del mezzogiorno rianimato sulla tv pubblica (dietro dietro c’è Funari in Rai e poi Mike e Corrado su Canale5), la cima impossibile di una trasformazione definitiva televisiva del nostro paese che si compie attraverso lo spostamento dell’attenzione, del nucleo pulsante dell’intrattenimento nazionalpopolare, dalla struttura generale del programma al protagonismo assoluto del suo conduttore. Un meccanismo che consumati i successi in Rai la Carrà portò in pompa magna sui canali privati di Berlusconi. Anche se il passo, per una volta, fu più lungo della gamba, già a sua volta lunga e allenata. Il ritorno in Rai nel 1991 non ebbe nemmeno i crismi della figliola prodiga. La Carrà era architrave e senso di quel primo canale pubblico, rimasto per decenni, e forse ancora oggi con l’iconografia sanremese, specchio della pancia spettatoriale dell’Italia. Fantastico 12 ne è la summa assoluta con l’assalto benigniano a suon di topa, passera, pipino e verga. Avvinghiati, Raffaella e Roberto, in uno scherzoso, travolgente pornografico tuca tuca (e chi altrimenti?), disinibito fazzoletto di tv, rotolati per terra, sul palco che farà ancora una volta la storia del costume degli italiani, dell’abbattimento di tabù linguistici e totem di genere. Carrà – l’abbiamo già detto che il nome d’arte era ispirato al pittore metafisico omonimo?- giungerà alla platea mondiale con quel Carramba che sorpresa!. Quattro gli anni di conduzione sulla tv spagnola, non per castigo, anzi, rendono la Carrà ulteriore icona mondiale dello showbiz tv. Maradona e Celine Dion, per dire, in scena. Una cosa che sarebbe piaciuta al Rat Pack del vecchio Frank, o anche solo all’italiano all’estero modello Tony Renis. Raffaella, assieme al marito Gianfranco Japino e a Brando Giordani, azzecca la formula del “ricongiumento familiare” attraverso il gancio di ospiti celebri. Roba che C’è posta per te è un copia incolla senza ritegno. Raffaella è regina della tv italiana. Modello inarrivabile. Conduttrice, confidente, amica, ma anche generale di brigata che all’occorrenza agguanta un microfono o accenna venti passi di danza.

Una persona che ha calcato i palchi dello spettacolo per quarant’anni lo capisce, poi. Oltre la Raffaella nazionale non poteva più andare. Incorniciata su ogni mensola della memoria storica, pietra di paragone per chi cominciava dopo di lei, quando il campanello del mettersi da parte suona chi è saggio e lungimirante lo sente subito. Raffaella fa qualche passo di lato, poi mezzo indietro, ancora un po’ per traverso. Infine nel 2012 getta il cuore sul palco del Dall’Ara assieme a Guccini, Pausini, Zucchero, Cremonini, Mingardi. La sua Emilia si ritrova trafitta al cuore, dopo il terremoto di maggio e lei si scatena, rischiando il kitsch, difficile vederla in un live, richiamando i politici a sveltire le pratiche della ricostruzione intonando nientemeno che una speculare, mimetica sua hit, Rumore.

Raffaella è quella cosa lì, tutta cuore, anima e ballo ballo ballo da capogiro. Instancabile, la Carrà anche nel mostrarsi sexy e capace, anche avanti con l’età. Abiti eleganti ma spesso succinti (con Maradona la ricordiamo letteralmente in reggiseno con maglina di pizzo tutt’attorno), anche nell’essere donna Raffaella non si è mai sottratta alla necessità dell’apparire, lasciando che il pubblico ne apprezzasse contemporaneamente fascino e talento. Un’alchimia che sembra oro colato, nell’oceano contemporaneo del narcisismo sfrenato, in cui la Carrà ci lascia orfani di un sorriso bonario e sincero, corpo in perpetuo movimento, voce limpida e tonante, a intrattenere quattro generazioni di italiani.

Raffaella Carrà, il mondo dello spettacolo perde la sua Star. Spontanea, ironica, talentuosa: mai nessuna come lei
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