Parlano e straparlano di bitcoin soprattutto soggetti in conflitto d’interesse: intermediari che guadagnano sulle compravendite o docenti di corsi sulle cosiddette criptovalute, sciaguratamente anche in ambito universitario. Costoro addirittura lo consigliano come riserva di valore e per la diversificazione dei propri investimenti. Merita quindi chiarire alcuni punti.

Non è una moneta. A parte le intenzioni di chi l’ha inventato e i vaneggi di tanti suoi adoratori, il bitcoin non è una moneta. Non è usato come strumento di pagamento – una delle tre funzioni della moneta – salvo in fattispecie insignificanti. Ma soprattutto non funge da unità di conto, altra funzione precipua della moneta. In nessuna parte del mondo i prezzi di merci e servizi sono espressi in bitcoin, salvo forse in ambito criminale: offerta di materiale pedopornografico eccetera. Alcuni accettano pagamenti in bitcoin, ma mica li usano nei loro listini.

Un nuovo genere di attività. Il bitcoin rientra in una nuova categoria di investimenti (o attività), inesistente fino ad alcuni anni fa, quella appunto delle criptovalute. È innegabile poi che il bitcoin sia altamente speculativo. Si veda nel dicembre 2017 un crollo nell’ordine del 40% in due giorni. O negli ultimi due mesi un’escursione dai 63.000 ai 35.000 dollari. Per cui esso è inadatto a svolgere la terza funzione peculiare delle monete, quella di riserva di valore. Per giunta un’autorevole scuola di pensiero lo ritiene una versione digitale delle catene di sant’Antonio o schema Ponzi. Un risparmiatore prudente non metterà quindi nulla in bitcoin.

Euro digitale. La sua emissione è nei programmi della Bce e anche al riguardo c’è molta confusione. Infatti per alcuni aspetti informatici il futuro euro digitale assomiglia alle criptovalute. Ma giuridicamente e sostanzialmente è tutt’altra cosa: si tratta di una forma più evoluta, in quanto elettronica e non cartacea, del denaro contante. Per capire l’euro digitale bisogna quindi partire da esso, che non è quella cosa brutta e sporca, in odore di evasione e criminalità, che le banche e la stampa italiana vogliono fare credere. Al riguardo si veda una dichiarazione di Christine Lagarde: “Le banconote fanno parte della nostra economia, della nostra identità e della nostra cultura” o anche il mio precedente post “Ecco perché ho scritto ‘Viva i contanti’”.

Che l’euro digitale veda la luce non è certo. In ogni caso l’obiettivo è fornire ai cittadini un’alternativa digitale altrettanto affidabile quanto le banconote, che sono più sicure dei conti in banca, perché moneta della banca centrale e non delle banche private. Queste ultime infatti a volte saltano, mentre la Banca Centrale Europea non può fallire.

Per altro in nessun caso la nascitura moneta elettronica si presterà ad attività speculative. Un euro digitale varrà né più né meno di una moneta da un euro e 100 euro digitali né più né meno di una verdeggiante banconota da 100 euro. Banconote ed euro digitale sono due facce della stessa medaglia.

Segnalo un webinar gratuito sull’argomento per il 10 giugno, richiestomi da alcune associazioni di consumatori: https://www.ilrisparmiotradito.it/evento/webinar10giugno

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