Non nego l’ansia che ho scrivendo queste righe. Ansia perché so bene di non essere un filosofo, un critico musicale, un cultore o un musicista. So di non avere competenze specifiche per analizzare Franco Battiato e trovare le parole adatte a spiegare il suo peso nella storia culturale e musicale di questo Paese. Però conosco la mia vita. E conosco la vita dei ragazzi e delle ragazze della mia generazione. E, qui sì, posso trovare le parole. O almeno provarci.

Perché tra le tantissime cose che Battiato è stato – no, scusate – che Battiato è va ricordata soprattutto quella di averci accompagnato nelle nostre vite. Non come colonna sonora, sarebbe roba riduttiva assai, ma come capacità di insegnarci la vita. Le parole con cui spiegare e spiegarci.

È con un verso di Battiato che sono iniziate le storie d’amore ed è con un verso di Battiato che le stesse storie d’amore sono finite. La stagione dell’amore non ha mai finito di sorprenderci. E nei nuovi entusiasmi, spesso, erano ancora le parole e le musiche di Battiato che ci regalavano il modo per poter definire quello che avevamo dentro. Che stavano vivendo.

Ecco: la vita. C’è tutta una vita dentro l’opera di Battiato. Quel gusto, tutto siciliano, di cambiare e mutare ed esplorare. Una nemesi delle amare parole del Gattopardo sull’immutabilità sostanziale della Sicilia. Ed è questo l’altro grande grazie che dobbiamo tutti a Battiato. Anche senza esserne eruditi esegeti. Dobbiamo ringraziarlo per la capacità di interpretare tutte le profonde anime di questa terra. Diverse e spesso in apparente contraddizione fra loro. Ma, d’altronde, non poteva essere diversamente, se nasci in un comune sospeso tra mare e vulcano.

Più di altri Battiato ha saputo trasmettere nella sua produzione quel senso di centro del Mediterraneo che la Sicilia per natura e storia ricopre. Passando dai testi in inglese alle sonorità dell’est mediorientale. Il tutto con una naturalezza che non era moda o scelta facile. La stessa naturalezza con cui riusciva sempre a farci percepire questo suo essere profondamente siciliano. Anche con la follia di accettare un incarico di governo in Regione, salvo scontrarsi subito con burocrazie e classi dirigenti predatorie da cui ha subito preso le distanze. Perfino subendo l’onta del rifiuto del mondo accademico di conferirgli una laurea honoris causa, che sarebbe stata sua di diritto, con bizzarre motivazioni.

Un siciliano libero. Come tutti gli altri grandi siciliani. Capace di darci le parole che non conoscevamo ancora e di farci sentire meno sbagliati. Ad altri toccherà certamente approfondire, analizzare, scrivere di Battiato con parole più adeguate. A me resteranno sempre quelle parole che davano suono ai battiti del cuore o un sapore meno amaro alle lacrime.

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