Il 1° maggio 2021 tornerà a sciogliersi il sangue di San Gennaro. Il primo miracolo dell’anno cade, infatti, il sabato che precede la prima domenica di maggio in ricordo della traslazione dei resti del Santo dall’agro Marciano alle catacombe di Capodimonte. Il secondo appuntamento, quello sicuramente più conosciuto nel mondo, è il 19 settembre, festa liturgica di San Gennaro e anniversario del suo martirio. In entrambe le date il sangue si scioglie anche nei sette giorni successivi.

Rarissimamente, invece, il prodigio avviene il 16 dicembre. In questa data del 1631 la lava minacciò di distruggere la città partenopea. I napoletani, in preda al panico, si affidarono a San Gennaro portando il busto del santo contenente il suo cranio e la reliquia del sangue in processione per le strade. La lava si fermò miracolosamente ai confini della città e Napoli fu salva. Da questo evento, la tradizione vuole che il 16 dicembre di ogni anno la Chiesa partenopea ricordi il patrocinio di San Gennaro sul capoluogo campano.

Nella liquefazione del sangue del patrono dei napoletani sacro e profano si confondono. Il giornalista Pietro Treccagnoli, a lungo firma di punta del quotidiano Il Mattino e ora al Corriere del Mezzogiorno, ha dato alle stampe il suo Elogio di San Gennaro (Langella Edizioni). “Il miracolo – scrive Treccagnoli – ha una sua fenomenologia complessa che va interpretata. Mica c’è lo scioglimento e basta? È importante il colore, i tempi in cui avviene, la vivacità dell’ebollizione. Ne diede un catalogo in versi, a metà del Settecento, Gennaro Radente.”

Il giornalista ricorda che “l’esplicativa e devota elegia in latino informa che se il sangue rosseggia (cum rubet) si annunciano guerre, se le ampolline ribollono (si fervet) le viscere del Vesuvio possono erompere, se ‘nereggia’ (si nigrigat) bisogna temere indefiniti flagelli di morte, se resta troppo a lungo liquido (cum fluitat) preparatevi ad alluvioni e diluvi, se si rapprende (si durescit) la terra negherà i suoi frutti, carestia, in una parola, se nel sangue liquefatto resiste un globo grumoso (cum globus adparet liquefacto in Sanguine) arriveranno non meglio specificati mali enormi come monti, se scolora (si pallet) c’è in agguato una terribile peste che colpirà uomini e greggi, ma, infine, quando spumeggia (cum spumat) è il responso più felice, andate in pace, è fatta”.

Treccagnoli sottolinea, inoltre, che “San Gennaro però il primato se lo guadagnò sul campo. Era veneratissimo fin dai primi secoli del cristianesimo, ma la sua ascesa liturgica, artistica e popolare cominciò quando, nel 1497, le sue reliquie, trafugate secoli prima dal principe beneventano Sicone, furono riportate a Napoli. Tuttavia, la vera esplosione del culto avviene nel 1631, quando al martire fu affidato il compito pienamente riuscito di fermare la furia del Vesuvio. La lava eruttata dal vulcano addirittura arretrò di fronte a una forza più potente”.

E aggiunge: “Sebbene San Gennaro, in passato, fosse intervenuto spesso e volentieri a fermare i bollori della montagna fredda (la prima volta nel lontanissimo 472, quando i napoletani si riversarono in massa attorno al sepolcro nelle catacombe ai piedi di Capodimonte per invocare il suo aiuto), il 1631 segnò l’apoteosi della venerazione e di fatto l’inizio della grande iconografia gennariana replicata in straordinari affreschi e tele, e riprodotta all’infinito in santini e busti di terracotta, argento, oro e plastica”.

San Gennaro ha snobbato ben tre Papi, il Beato Pio IX, San Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, concedendo la liquefazione soltanto a Francesco durante la sua visita pastorale a Napoli nel 2015. La scienza, però, gli ha dato ragione. Quando nel 1988, per volere dell’allora cardinale arcivescovo di Napoli, Michele Giordano, lo scienziato Pier Luigi Baima Bollone effettuò una spettroscopia sulla teca del sangue allo stato fluido, emerse la presenza di emoglobina. “Questo risultato – affermò lo studioso – non prova con assoluta certezza la presenza di sangue, ma porta ragionevolmente a escludere che si tratti di materiale di diversa natura. Tutti questi riscontri convergono alla conclusione che la vicenda di San Gennaro sia una precisa realtà storica”.

Articolo Precedente

“Prima l’orfanatrofio poi la mia vita difficile a Napoli, così la pizza è stata la mia salvezza. Ora a Tokyo cucino anche per i vip”

next
Articolo Successivo

Piano pandemico, è importante lottare contro il virus ma è difficile farlo senza armi

next