“Sulle responsabilità dell’incidente” che ha portato al disastro del Moby Prince, “e sulle circostanze che l’hanno determinato è inderogabile ogni impegno diretto a far intera luce. L’impegno che negli anni ha distinto le associazioni dei familiari rappresenta un valore civico e concorre a perseguire un bene comune”. A dirlo è il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ricordando l’anniversario dell’incidente avvenuto a Livorno la sera del 10 aprile 1991. Il capo dello Stato la definisce una “immane tragedia”. “Il primo pensiero – dice – è rivolto alle vittime, alle tante vite improvvisamente spezzate di adulti e di giovani, e al dolore straziante dei loro familiari, che si protrae nel tempo e ai quali rinnovo la vicinanza e la solidarietà della Repubblica”. Mattarella sottolinea che “è stato il disastro più grave nella storia della nostra navigazione civile. Il popolo italiano non può dimenticare. Come non dimentica la città di Livorno, che vide divampare il rogo a poche miglia dal porto e assistette sgomenta alla convulsa organizzazione dei soccorsi e al loro drammatico ritardo”. Quello che accadde trent’anni fa nel mare di Livorno, insiste il presidente, “è monito permanente per le autorità pubbliche e gli operatori, chiamati a vigilare sulla navigazione e a garantirne la sicurezza. Rispettare gli standard stabiliti, sforzarsi di elevarli, assicurarne una corretta applicazione sono responsabilità indeclinabili, che sole possono consentire l’esercizio di un pieno diritto da parte dei cittadini e portare così beneficio all’intera società”.

Anche la ministra della Giustizia Marta Cartabia ha ricordato la tragedia di trent’anni fa, “che ancora oggi presenta punti non del tutto chiariti”. Le vittime, sottolinea, “erano madri e padri, figlie e figli, sorelle e fratelli, amiche e amici che ancora vivono in una memoria di affetti, mai scalfita dal tempo. Nel loro nome, tutti voi – dopo tre decenni – aspettate ancora di conoscere fino in fondo le cause di ciò che successe quella sera del 10 aprile 1991”. “Questa domanda di conoscenza e, quindi, di giustizia – scrive la ministra guardasigilli – richiama a un impegno che l’Italia ha il dovere di compiere. Il disastro del Moby Prince resta una ferita aperta per il nostro Paese, che non ha mai smesso di cercare quanto possa servire a illuminare i punti ancora oscuri nella ricostruzione dei fatti. Nuove aspettative sono riposte nell’ultima indagine aperta dalla Procura di Livorno alla luce delle conclusioni dei lavori della Commissione parlamentare d’inchiesta istituita presso il Senato della Repubblica. Come dice papa Francesco nell’enciclica ‘Fratelli tutti’, è ‘un lavoro paziente di ricerca della verità e della giustizia, che onora la memoria delle vittime e che apre, passo dopo passo, a una speranza comune’. Le difficoltà sono tante e il tanto tempo passato di certo non aiuta, ma sono certa che i magistrati di Livorno sapranno affrontare questo rinnovato impegno con tutta la dedizione e la professionalità che il compito di rendere giustizia richiede”.

La presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati ha sottolineato con un messaggio sui social che “a 30 anni dal disastro della Moby Prince è inaccettabile che la verità non sia ancora venuta a galla. Sono vicina ai familiari delle 140 vittime che non hanno mai smesso di combattere per avere giustizia”. Il presidente della Camera Roberto Fico afferma che “l’aspettativa di verità non appartiene solo alle famiglie delle vittime di questa come di tante altre pagine oscure della nostra storia; in essa si rispecchia la coscienza civile del Paese, l’esigenza di uno Stato autenticamente democratico di non rassegnarsi alle reticenze ed alle ambiguità che hanno tentato di ostacolare il difficile impegno di investigatori e di magistrati”. “Uno Stato senza verità, incapace di difendere le ragioni della giustizia, è come un albero senza la sua linfa vitale, privato della sua stessa ragione d’essere”, aggiunge Fico. “Nel trentesimo anniversario del disastro del traghetto Moby Prince – afferma il presidente della Camera – il primo pensiero va alle 140 vittime, ai loro familiari e a quanti, da allora, si sono impegnati senza sosta per ottenere verità e giustizia”. “Della sera del 10 aprile 1991 nella rada del porto di Livorno – prosegue – resta un doloroso ricordo, accompagnato dal rammarico e dall’amarezza per non aver fatto pianamente luce su quanto accaduto. E l’auspicio è che i procedimenti giudiziari possano giungere ad accertare ogni responsabilità”. “Il Parlamento in questi anni è intervenuto – per quanto nelle sue competenze – anche con una commissione parlamentare d’inchiesta, e in questa legislatura sono state presentate diverse proposte di legge per istituirne una nuova. Il tutto a riprova di un’esigenza sentita dalle istituzioni: quella di far chiarezza su una vicenda dolorosa per la nostra comunità”.

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