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Raccoglie fiori di “zafferano bastardo” e ci cucina la pasta: muore avvelenato

"Basta un quantitativo piccolo, le classiche erbette per fare il risotto. Dieci milligrammi sono già una dose tossica, se non mortale", ha spiegato al Corriere della Sera la dottoressa Donata Favretto, professore di medicina legale e tossicologia dell’Università di Padova

di F. Q.

Durante una passeggiata nei prati intorno a casa, ricchi di fiori appena sbocciati in primavera, aveva raccolto dell’aglio selvatico con l’idea di usarlo come condimento per la pasta. Peccato che, ingannato dall’aspetto assolutamente simile, ha raccolto anche il colchico d’autunno, un fiore molto simile allo zafferano ma altamente velenoso. Così, un uomo di 61 anni di Travesio (Pordenone), è morto avvelenato poche ore dopo aver ingerito il colchico, o croco, conosciuto anche come “zafferano bastardo”, “falso zafferano” o “arsenico vegetale”.

Il decesso è avvenuto all’ospedale di Pordenone dove era stato ricoverato da alcuni giorni. Secondo quanto ricostruito, la scorsa settimana l’uomo aveva fatto una passeggiata nei prati attorno a casa per raccogliere dell’aglio da impiegare come condimento per la pasta. Inavvertitamente, però, ha raccolto anche il “colchino d’autunno”, specie all’apparenza molto simile sia all’aglio selvatico che allo zafferano ma, a differenza di questi, è molto velenosa ed è in grado di uccidere un uomo in pochissimo tempo. “Il colchico d’autunno ha i petali color violetto e i pistilli arancio scuro che sembrano quelli dello zafferano, ma bisognerebbe sempre ricordare che lo zafferano vive nei paesi caldi e non in montagna. È una pianta tipica dell’area mediterranea e dell’Asia minore, non delle nostre montagne”, ha spiegato al Corriere della Sera la dottoressa Donata Favretto, professore di medicina legale e tossicologia dell’Università di Padova. “Basta un quantitativo piccolo, le classiche erbette per fare il risotto. Dieci milligrammi sono già una dose tossica, se non mortale“.

Dopo averla ingerita, l’uomo ha avvertito dolori tremendi, ma non ha chiesto immediatamente aiuto, essendo reduce del Covid e pensando che potesse essere un effetto collaterale tardivo. Il ritardo forse gli è stato fatale, perché quando è giunto in Pronto soccorso non è stato possibile il trasferimento al Centro anti-veleni considerate le condizioni generali già compromesse.

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