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Sul vaccino Astrazeneca la frittata è fatta. Ora mi chiedo: perché imporlo a certe categorie?

Sul vaccino Astrazeneca la frittata è fatta. Ora mi chiedo: perché imporlo a certe categorie?
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Una mia paziente mi raccontava di aver sempre avuto un forte timore e ribrezzo dei ragni. I figli per carnevale avevano comperato un ragno finto: grosso, nero, di plastica. Naturalmente lei sapeva che il ragno non era reale, ma quando i figli, per divertirsi, lo tiravano fuori e la rincorrevano, tenendolo in mano, lei non poteva fare a meno di scappare a gambe levate.

La frittata è fatta sul vaccino AstraZeneca. Ormai, al pari della mia paziente, un numero molto consistente di nostri concittadini non lo vorrà o, se non avrà alternative, lo subirà con grande timore e angoscia. Non varranno a nulla le rassicurazioni autorevoli, i calcoli numerici sul numero dei pazienti che muoiono ogni giorno per trombosi o infarto, anche senza vaccino. I politici, di fronte ad alcuni casi, non significativi in termini statistici (rispetto alla popolazione non vaccinata), si sono “calati le braghe” e hanno ceduto all’istinto di non mettersi contro certi loro elettori.

Anche un contenuto ironico che gira sul web: “Ieri è morto un uomo che oggi doveva vaccinarsi con AstraZeneca” rilancia paradossalmente nel nostro inconscio la paura atavica. La domanda cruciale è: perché, visto che ora sto bene, devo inocularmi qualcosa che potrebbe farmi male? La risposta razionale è che lo si fa per evitare danni peggiori in futuro, ma il nostro istinto di conservazione, in modo automatico, ci induce a provare timore e ogni rassicurazione esterna trova un eventuale contraltare in altre paure. Prevale l’idea inconscia che noi siamo diversi e privilegiati rispetto agli altri, per cui vorremmo che tutti si vaccinassero per permettere a noi di non farlo (immunità di gregge con gli altri che fanno le pecore).

A questo punto imporre ad alcune professioni come insegnanti, forze dell’ordine o altri un vaccino rispetto ad un altro equivarrà a mettere in pericolo la tenuta psicologica di quella categoria, scatenando la domanda: “Perché a noi?”.

Occorre dare libertà di scelta al cittadino su quale vaccino utilizzare. Naturalmente senza però saltare la fila o avere il trattamento in anticipo perché appartenente a questa o quella categoria. Si deve procedere per età a scalare per i vaccini che la gente percepisce più sicuri (in questo momento Pfizer e Moderna). Per il vaccino AstraZeneca si deve dare alle persone la libertà di sottoporsi a questo tipo di vaccinazione (sempre rispettando il criterio dell’età), aprendo però a tutti coloro che lo accettano. In questo modo succederà che un sessantenne “coraggioso” si vaccinerà con Astra Zeneca prima di un settantenne “fifone” che attenderà il suo turno con gli altri vaccini ritenuti da lui più sicuri.

Questo cambio di paradigma sulla possibilità di effettuare una scelta è molto importante in quanto ora, al contrario, è tutto deciso a livello centrale. Imporre un vaccino appare come una costrizione e, certamente, scatenerà mille diatribe e spunti per i talk show. Il grande rischio è che un approccio al vaccino troppo stressante ed emotivo provochi nei giorni successivi malesseri psicosomatici, difficili da individuare e distinguere, rispetto a eventuali reazioni avverse. Dobbiamo comprendere l’irrazionale e, per quanto è possibile, accettare l’uomo per come è fatto, senza volere a tutti i costi un mondo di esseri che la pensano esattamente come noi.

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