Wanda Maximoff è una donna che ha perso tutto: famiglia, amore e uno scopo. Eppure la ritroviamo in una cittadina anonima del New Jersey, intrappolata in una sit-com meta-narrativa, a fianco del suo amore redivivo. Protagonista di una vita che non ha mai avuto, e che non potrà avere più.

Per il franchise Marvel, la serie Disney+ ‘WandaVision’ è stata la prima vera occasione di riprendere la storyline principale degli Avengers, rimasta sospesa dall’episodio ‘Endgame’. La sfida era duplice: da una parte mantenere alti ritmo e ambizioni delle esperienze cinematografiche, e dall’altra riuscire a soddisfare le aspettative di un pubblico sempre più trasversale ed esigente, in un’era in cui chiunque può ipotizzare a mezzo social le possibili direzioni della trama, mesi prima che questa sia edita.

Sin dal suo annuncio, le speculazioni dei fan si sono infatti concentrate sui legami tra il personaggio di Wanda (nei fumetti ‘Scarlet Witch’) e il mondo mutante Marvel (quello degli X-Men), ambizioni in apparenza confermate dalla presenza nel cast di Evan Peters, che nei film della Fox aveva interpretato l’equivalente del fratello della protagonista, il velocista Quicksilver.

Con buona pace di chi si aspettava nemici pittoreschi o guest star dai nomi altisonanti, la storia è invece virtuosamente incentrata su una donna impegnata a combattere la propria depressione, sospesa tra negazione del lutto e fantasia patinata, che viene costretta da forze esterne e ostili a elaborare i propri traumi. Il suo personale cammino dell’eroe la vedrà rinunciare alle proprie proiezioni di felicità famigliari, fallaci quanto quelle di una sit-com antiquata, e a risalire dal suo abisso personale più consapevole della propria identità e del proprio potenziale, nel bene come nel male.

Più che un detonatore di storie divergenti, ‘WandaVision’ si è rivelato un focus necessario, dedicato a un personaggio fino a quel momento messo in ombra da un arco narrativo corale. Dalla sua prima apparizione in ‘Age of Ultron’ infatti, gli spettatori avevano conosciuto Wanda Maximoff come una vittima di tragedie, lutti e separazioni ma non avevano avuto la possibilità di vederla evolvere appieno. La risposta della Marvel in questo senso è stata più che coerente, ed efficace quanto un brusco ma necessario risveglio: mentre il fandom era impegnato a immaginare comparsate di Mephisto, Magneto, gli X-Men, il Dottor Strange e i Fantastici Quattro, perdeva di vista il focus della serie, peraltro brillantemente dichiarato nel titolo: Wanda stessa.

A pensarci bene, l’abbiamo vista seppellire fratelli e amici, mettere alle strette (da sola) Thanos in persona, ma prima di ‘WandaVision’ nessuno l’aveva neanche mai chiamata col suo nom de guerre fumettistico, Scarlet Witch appunto. La sua origin story in medias res, in pieno stile Marvel, non perde occasione per giocare di sponda con progetti futuri, facendo esordire nuovi co-protagonisti quali Monica Rambeau (nel fumetto membro di lungo corso degli Avengers e, nei film, già vista in versione bambina in ‘Captain Marvel’) e degni antagonisti quali Agatha Harkness (interpretata da una irresistibile Kathryn Hahn), ma introducendo anche una nuova versione di Vision, più fredda e “robotica” di quella precedente.

Piccola postilla per i bibliografi: l’ispirazione principale per la serie è un intenso ciclo a fumetti degli Avengers del lontano 1989, scritto e disegnato da John Byrne (la cui leggenda, in termini di mitopoiesi supereroica, è seconda solo a quella di Jack Kirby), in cui la vita della Strega Scarlatta viene messa sottosopra da una serie di eventi disgreganti. Prima Visione viene fatto a pezzi e riprogrammato privo di sentimenti, poi Wanda scopre che i figli che ha avuto da lui non sono altro che una sua proiezione, elaborati sulla base di brandelli di anime dannate, che il Diavolo in persona, infatti, tornerà a reclamare. Al termine della tenzone, a Wanda verranno cancellati i ricordi dei due bambini, per evitare che impazzisca di dolore e perda il controllo dei suoi poteri. Col senno di poi, non si può biasimare la serie per esserci andata giù meno pesante.

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