Claudio Coccoluto non era “solo” un dj ma anche grafico, direttore artistico e imprenditore “artigiano” di fama internazionale, come amava definirsi. Si è spento a soli 58 anni (era nato il 17 agosto 1962) all’alba del 2 marzo nella sua casa di Cassino, dopo aver lottato contro la malattia per un anno, come riportato da Il Corriere della Sera. È stato tra i fondatori del famoso locale romano Goa, una bella vittoria per chi ha tentato la fortuna nella Capitale trasferendosi dalla natia Gaeta, in provincia di Latina. Poi la cultura del club e la credibilità accumulata in 40 anni di carriera, tanto che è stato anche invitato dal mondo del “pop” al Festival di Sanremo per fare il giurato per ben tre volte. Tredicenne inizia alla radio, poi sarà anche speaker a Radio Deejay, per poi approdare al mondo del clubbing approda nei ruggenti Anni 80, voluto dallo storico dj Marco Trani a sostituire Corrado Rizza. Da lì la sua fortuna internazionale. Curioso, visionario e difensore dei club, dei lavoratori e della categoria dei dj anche nei momenti difficili come, ad esempio, durante la pandemia per il blocco forzato delle attività. Non a caso lo scorso maggio all’hotel St.Regis di Roma ha dato il via a una serie di meeting in streaming con il format “Total Volume Project”. Un progetto a sostegno della difficoltà del settore. Pioniere fino all’ultimo.

“Non oso definirla professione neanche a 57 anni, non ci sono i tratti definitivi del lavoro. C’è una grande passione dietro che nasce perché ho sempre ascoltato i dischi, avendo la possibilità di maneggiarli. – ha raccontato Coccoluto in una intervista a IlGiornaleOff – Mio padre aveva un piccolo negozio a Gaeta, in provincia di Latina, una sorta di bazar dove si vendevano elettrodomestici, chitarre e bombole del gas. Ho giocato sin da piccolo con giradischi, magnetofoni e vinili”. “Cocco”, così lo chiamavano colleghi ed amici, vedeva il lavoro come una ragione di vita: “Per me il disco era un compagno di avventure, lo compravo proprio come acquistavo una collezione di soldatini”. L’anno chiave è il 1980 quando il dj si trasferisce a Roma per studiare all’università. Dopo aver frequentato diversi locali Coccoluto capisce che è quella la sua strada. Il resto è storia. Coccoluto amava definirsi “artigiano” e alzava il sopracciglio davanti all’evoluzione del mestiere fatto di scenografie ad effetto. “Tutta quella gente con i telefonini che riprendono i fuochi d’artificio non ha niente a che vedere con gli anni che ho speso a dare il mio piccolissimo contributo alla club culture”, ha dichiarato a Rockit. La sua filosofia di vita, nonché testimonianza, è racchiusa in poche frasi: “Far ballare quello che tu non avresti mai pensato di ballare è l’elemento avventuroso del fare il dj” e ancora “tuttavia, non ho incentrato alcun disegno di vita sul mestiere di dj, al di là del fatto che mi piaceva condividere la mia musica con gli altri. Il resto è arrivato da sé”. Infine su Twitter Coccoluto era molto attivo e con un occhio attento e rivolto all’attualità. C’è una frase di Ennio Flaiano che il dj ha voluto condividere con i suoi follower: “In questo Paese la situazione può essere anche grave ma mai seria”.

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