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Massimo Galli: “Sono stato tentato di fare il mio personalissimo lockdown e rimanere in silenzio per 2-3 settimane”

Il virologo e primario dell'ospedale Sacco a Otto e mezzo su La7 ha risposto alle critiche di chi lo definisce onnipresente sul piccolo schermo: "Declino i quattro quinti delle richieste, pare che tutti abbiate bisogno di riempire i palinsesti e insistiate per avere determinate voci, alcuni per fare corrida e altri per fare informazione seria. Il punto è che la situazione è preoccupante"
Massimo Galli: “Sono stato tentato di fare il mio personalissimo lockdown e rimanere in silenzio per 2-3 settimane”
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Il virologo Massimo Galli, primario dell’ospedale Sacco di Milano, sta pensando di non comparire più in tv e non rilasciare interviste “per due-tre settimane” e di prendersi così un “personalissimo lockdown“. Lo confida lui stesso alla conduttrice Lilli Gruber, durante il programma Otto e mezzo su La7, rispondendo anche a chi lo accusa di essere onnipresente: “Declino i quattro quinti delle richieste, pare che tutti abbiate bisogno di riempire i palinsesti e insistiate per avere determinate voci, alcuni per fare corrida e altri per fare informazione seria”, afferma l’infettivologo. Che poi spiega: “Sono stato tentato di fare il mio personalissimo lockdown e di rimanere in silenzio per 2-3 settimane. Però il punto è che in questo momento siamo in una congiuntura particolarmente seria e preoccupante”.

Non è la prima volta che il professor Galli annuncia la volontà di allontanarsi per un breve periodo dal piccolo schermo. Già a inizio novembre si era preso una “pausa” dalle apparizioni televisive. Allora il motivo non erano le polemiche, ma la seconda ondata che ormai stava travolgendo gli ospedali. Lo stesso virologo infatti aveva spiegato: “La situazione non mi lascia più margini di tempo e ho una quantità di cose urgenti di cui dovermi occupare”.

A distanza di più di tre mesi, per il primario dell’ospedale Sacco di Milano è diventata dirimente la buona riuscita della campagna vaccinale. “Se quello che è stato programmato con tutta l’Europa non si verifica, siamo in un grosso guaio”, dice riferendosi ai ritardi nelle consegne delle dosi. “Bisogna pensare a una exit strategy, che ci garantisca un’alternativa. La produzione del vaccino non si allestisce in due minuti, gli impianti non sono semplici da mettere in piedi da un giorno all’altro, ma come Italia e come Europa bisogna cominciare a pensarci e anzi bisognava farlo prima. Una produzione rapida in Italia? Rapida, no. Sarebbe un piano B che non risolverebbe uno dei problemi fondamentali” perché, spiega sempre a Otto e mezzo, “se vaccini molto e rapidamente riesci a bloccare la trasmissione del virus. Se vaccini in maniera troppo diluita nel tempo non ottieni l’effetto di contenimento complessivo del virus e consenti la circolazione di varianti. Tra un anno potremmo vedere la prospettiva rosea ed esserne fuori”. Ma, conclude, “dobbiamo tener duro”.

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