Li riconosco dalla voce. E udendoli, so cosa diranno. Cosa mi aspetto che mi dicano, e infatti me lo dicono. Se sono stanco di star chiuso in casa, c’è quello di Genova che mi assicura l’uscita. Se sono prudente e timoroso, quello di Milano mi conforta. Se sono intransigente, quello di Padova. Se amo l’equidistanza, un po’ di qua e un po’ di là, mi metto ad ascoltare lei che sorridendo mi fa sentire un po’ di qua e un po’ di là.

La virologia, l’immunologia e le scienze derivate compongono il quadretto perfetto per ricondurre ciascuno di noi – come fosse il gioco del Monopoli – alla casella di partenza delle nostre convinzioni. I giornalisti li pescano dal bouquet delle offerte: lo vuoi contro Conte? Ecco Bassetti, l’infettivologo di Genova. Vuoi difendere la Lombardia da ogni accusa? Prenditi il milanese Pregliasco e saranno rose senza spine. Vuoi la polemica? C’è Galli. Vuoi un antagonista? Chi meglio di Crisanti. Un volto femminile? Allora Antonella Viola.

La riduzione della scienza a mera comparsa e la sua conversione a stampella anziché perno della comunicazione è l’effetto collaterale, forse obbligato, di una informazione quotidiana compulsiva, curva sull’esame del dettaglio e, nelle viscere dell’esame, al suo processo di deformazione. Troppe parole sono richieste e troppi giudizi. Cosicché coloro che per sfortuna non hanno la possibilità di soddisfare la nostra ansia, riepilogano il già detto spesso intorcinandosi nella consuetudine di ripetere quel poco che sanno. Si soddisfa in questo modo il loro legittimo narcisismo e si dà breve pausa alla nostra attesa.

Non cerchiamo la verità, perché sappiamo che questo virus è misterioso, ma nonostante tutto esigiamo certezze. E sfogliamo il catalogo della virologia, fino a ieri nostra sconosciuta, confondendola con la chiromanzia e cerchiamo di buttarla in caciara, di trovare una nota politica di dissenso o di assenso alle nostre opinioni. Così i virologi e gli immunologi, gli infettivologi e via discorrendo, si prendono cura della nostra ansia e ci dicono quel che vogliamo ascoltare, e polemizzano proprio come vorremmo sentirli polemizzare e si fanno in due e anche in tre, comparendo a tutte le ore e togliendo tempo al lavoro o anche alla famiglia o ai loro amori. E lo fanno per dire e disdire, annunciare e revocare, avvertire e poi smentire. Modulabili, smontabili, ricollocabili. Come sempre, come tutti.

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