Siamo in prossimità della festa degli innamorati, perciò parliamo di film dove l’amor move le stelle.

Lunedì, per “non creare la disabitudine con la sala” – come ha giustamente detto Nicola Maccanico, vice presidente esecutivo della programmazione Sky Italia e Ad di Vision Distribution – il nuovo film di Pupi Avati è andato in prima serata su Sky Cinema e online su Now TV (contemporaneamente on demand sulle altre piattaforme web). Gli ascolti di 367 mila spettatori medi lo piazzano come miglior debutto per un film d’autore su Sky negli ultimi due anni, dietro soltanto Parasite.

Avremmo tutti preferito la sala, ma continua così, poco romanticamente nella forma, la cinematografia ai tempi del Covid.

Avati nella sostanza mette insieme Renato Pozzetto e Stefania Sandrelli per una storia d’amore che varca i confini del tempo. Lei mi parla ancora vede quest’anziana coppia di farmacisti, circondata da una collezione di opere d’arte, servitù premurosa e figli ansiosi, perdersi per sempre. O forse no. Rina, sposata da 55 anni con Nino, lo lascia vedovo. È da qui che l’autore bolognese (e sceneggiatore insieme al figlio Tommaso Avati) combatte la precarietà degli affetti moderni con un amore a sua detta anacronistico. Ma struggente e immortale, c’è da aggiungere dopo la visione del film.

Prende dal romanzo autobiografico di Giuseppe Sgarbi, padre della regista Elisabetta e del critico d’arte Vittorio. I salti indietro nel tempo, tra Pozzetto e Sandrelli giovani innamorati coi volti di Isabella Ragonese e Lino Musella, avvolgono il pastiche con morbidi tratti onirici dove presente e passato s’intrecciano e convivono placidamente. Completa questo cast viaggiante Alessandro Haber, fratello di lei, anche lui poetico personaggio presente in sogni e ricordi di Nino.

Pozzetto offre un’interpretazione a dir poco toccante. Ma anche con l’incertezza del bastone che lo accompagna, la sua vitalità ironica a volte riesce a bucare persino il lutto del suo ruolo. Bravissimo anche Musella, nella sua non imitazione di Pozzetto riesce a catturarne millimetricamente l’espressione degli occhi. Una luce in comune che fa tanto del film.

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