È passato un anno. Uno degli anni più lunghi della mia personale storia e uno dei più complessi del mondo che mi circonda. Sarà per questo che ogni volta che parte l’incipit di Me ne frego mi viene un tuffo al cuore ripensando alle ultime spensierate giornate prima che tutto cambiasse, probabilmente per sempre.

E mi rivedo davanti alla tv a guardare come ogni anno Sanremo, rimanendo praticamente folgorata dal pandemonio creato sul palco e fuori (su tutte le testate), da questo ragazzone che si fa chiamare Achille Lauro, dove Lauro in realtà è il vero nome e De Marinis il cognome.

Va bene, lo ammetto, l’anno precedente non mi era piaciuto, ma questo soprattutto perché ero stata succube di una certa polemica attorno alla canzone portata in gara, Rolls Royce, e siccome a me le droghe non piacciono e siccome da qualche parte si insinuava, si diceva, si pensava… ecco, io, a torto o a ragione, lo avevo preso in antipatia.

E non lo aveva riscattato una sua breve intervista a qualche tg in cui sembrava atteggiarsi biascicando frasi a me incomprensibili, per cui avevo lasciato perdere. E, invece, dopo quella prima serata di Sanremo 2020 ho cominciato, ebbene sì, a diventare fanatica di questo artista prodigioso, spericolato, stupefacente, scandaloso e provocante.

Da lì in poi sono andata a ritroso ad ascoltare la sua produzione e a documentarmi su di lui e ho pensato ogni mese: adesso ne scrivo, ora butto giù due parole su questa canzone, su questo progetto, su questa uscita…

Ogni volta però venivo sorpresa da qualcosa di nuovo che anticipava il mio intento perché lui, cavalcando mille onde e cavalloni, “surfava” su lockdown, su concerti annullati, sulla morte del settore artistico, emergendo vittorioso con l’incarico di direttore creativo di Elektra Records, con nuovi singoli, nuovi album, nuovi libri, nuovi video, nuovi progetti artistici visuali, nuovi look (modello ideale per brand prestigiosi ed esclusivi), continuando così durante questo suo vorticoso quanto fortunato anno.

Arrivata l’estate sono stata definitivamente rapita e fulminata dall’uscita del poderoso tormentone Bam Bam Twist che ho cantato ripetutamente, a squarciagola in macchina, felice, quando sembrava che fossimo rinati e l’incubo fosse finito. E invece siamo approdati, chiudendo il cerchio, al prossimo imminente blindato Sanremo dove lui non sarà in gara, ma parteciperà come ospite fisso di ogni serata. Il tutto gestito, annunciato, comunicato sui social con grande maestria e controllo estremo.

È un esteta Lauro, e di buona famiglia, a dispetto di una adolescenza trascorsa ai margini (con tutti gli annessi e connessi). Le sue origini sono state investigate e spolpate per carpirne ogni sfaccettatura e spiegare anche gli aspetti più oscuri della sua storia (non solo) artistica, cominciata nell’underground musicale romano che lo ha fatto emergere, approdata alla milanese Roccia Music che ne ha decretato il successo, per prendere successivamente una strada di consolidata consacrazione cara non solo ai giovanissimi, o forse direi non più a loro ma ai miei coetanei e anche oltre.

Oggi ci troviamo di fronte a un giovane uomo che, lasciata la felpa con il cappuccio e le tenebre, esibisce il broncio solo come vezzo mentre educatamente risponde, con garbo e buon linguaggio, alle domande nei salotti degli “zii” di turno come Mara Venier o Giorgio Panariello, tirando fuori quel suo sorriso malizioso e ironico di quando sembra prendersi un po’ gioco di noi e non prendere se stesso troppo sul serio.

Vince sempre lui. Molto intelligente e abile, ha realizzato ciò che sognano quelli che fanno musica, cioè avere un controllo totale o quasi delle proprie idee, fondando l’etichetta discografica No Face, accompagnato dalla preziosa produzione del romano Boss Doms (Edoardo Manozzi), sempre al suo fianco fin dagli inizi nelle trasgressive avventure di musica, palco e tv.

E parlando di musica, non è assolutamente un contorno, anzi, evidenzia in tutte le evoluzioni di stili che ha attraversato finora il piglio della sua personalità, con cui ha permeato o riformulato i generi che lo hanno influenzato, passando dal rap underground al samba-trap, dal punk rock al pop anni Novanta e alla big band anni Venti.

Ha strizzato l’occhio a generi già collaudati, infatti, con l’ultima trilogia, ripulitosi da certi estremismi dettati dal dolore di una gioventù complessa, di sobborghi, di solitudine interiore, dopo la quale ha intrapreso un personale ambizioso ed elevato cammino di riscatto. Percorso attraversato anche da un necessario lavoro di pulizia per poter conquistare quel pubblico universale ed eterogeneo cui credo aspiri. Perciò, abbandonate le asperità di alcuni temi degli inizi, accompagnati da un linguaggio duro e aggressivo nei testi, essi appaiono oggi edulcorati, ugualmente introspettivi, sempre sottilmente egotici, dolci e malinconici.

Ecletticamente trasformista, patinatissimo, glamour, dandy, poetico, romantico, apparentemente (forse) piacevolmente distaccato e algido, fluido, ama vari generi e molte icone della musica, anche di quella italiana.

E, dunque, eccolo duettare con Anna Tatangelo, con Gigi D’Alessio e con Fiorella Mannoia nella super melodica e bellissima C’est la vie, con gli Eiffel 65 nella loro Blue, e forse chissà, in futuro potremmo assistere ad una collaborazione con Mina, il cui desiderio traspariva da un’intervista del figlio e produttore Massimiliano Pani al Messaggero, qualche mese fa.

Lauro è diverso, ha talento e capacità sopra la media, ma conserva il ricordo del suo passato come leggo all’indomani dell’annullamento del tour che sarebbe partito da Roma a ottobre del 2020, quando su Instagram scrive che non ha dimenticato la sua prima esibizione in un fatiscente locale di Roma, aggiungendo, riguardo a chi lo ha seguito sin dagli inizi: “Uso poco i social e tengo la mia vita distante. Il tempo vale troppo per noi comuni mortali. Cerco di dedicarlo a scrivere poesie, alla musica, a grandi ambizioni, ma oggi è il momento del grazie. Siete il mio vero successo e quello che abbiamo fatto lo abbiamo fatto insieme”.

Siamo pronti a farci ancora sorprendere dalle tue prossime idee Lauro, arrivederci a Sanremo!

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