Il look “istituzionale” scelto per la convocazione al Quirinale, come se i precedenti presidenti incaricati fossero andati dal capo dello Stato in infradito e bermuda. La preghiera delle suore clarisse. L’apprezzamento per i piatti comuni della tradizione, roba frugale: ravioli e salsiccia. L’uomo “normale” che compra i croccantini per il suo cane, un bracco ungherese, al supermercato. Ancora più “normale” la first lady designata, “origini aristocratiche ma modi semplici”. E poi la dirittura morale: non faceva la “spia” con i professori. L’intelligenza: “Era bravo in matematica”. Non solo la rapidità a far di calcolo, ma anche un certo atletismo: “Giocava bene a basket”. Perfino qualche potere taumaturgico, rintracciabile nelle coincidenze: ha ricevuto l’incarico nel giorno di San Biagio, che guarì un bambino salvandogli la vita e quindi, ecco, “ci auguriamo che e gli auguriamo che possa aiutarci a guarire l’Italia e noi da queste due terribili pandemie: quella sanitaria e quella economica che ne deriva”.

Nel 2011 fu il loden di Mario Monti, oggi – dieci anni dopo – sono bastate 24 ore perché si siano moltiplicati simboli e azioni che farebbero di Mario Draghi l’uomo giusto per salvare l’Italia dalla crisi di governo e gestire il mondo nuovo che si schiuderà dopo la fine della pandemia. Approfondite indagine sulle qualità – superflue per un presidente del Consiglio – che fanno quasi scolorire il curriculum dell’ex numero uno della Banca Centrale Europea. Così mentre a Volturara Appula, paese di Giuseppe Conte, si grida al “complotto”, ci informa La Stampa, a Città della Pieve è tutto un fremito per l’illustre concittadino che, dopo aver salvato l’euro, ora è chiamato a salvare l’Italia. E anche nel quartiere Parioli, casa romana dell’ex presidente della Bce, sono tutti convinti che “può fare solo bene al Paese”. La signora Margherita racconta all’Ansa che le qualità di Supermario sono percepibili da distanza siderale, basta solo guardarlo: “Io abito a duecento metri da casa sua, l’ho visto spesso. È una persona di una dirittura morale eccezionale”. La dirittura morale si respira nell’aria, dato che pare di capire che la signora Margherita con il presidente incaricato non ci abbia mai parlato.

Ed è probabile che in effetti la conoscenza non esista, visto che don Augusto Panzanelli, parroco di Città della Pieve, nella cui chiesa spesso Draghi va a messa, ha raccontato a Un Giorno da Pecora: “Draghi non si fa mai notare, si mette sempre in disparte in chiesa, e viene spesso alle funzioni delle 18 oppure, qualche volta, va la mattina dalle suore, abbastanza presto, alle 7.30″. È “decisamente” un buon cattolico e poi “è molto riservato”. Di più: “È umile, si mette in fila quando va a fare la spesa, al supermercato, è molto rispettoso”. L’uomo giusto, insomma, lo indica anche il calendario con l’incarico conferito proprio il 3 febbraio: “È san Biagio – racconta il don a La Nazione – che guarì un bimbo salvandogli la vita. Ecco, ci auguriamo che e gli auguriamo che possa aiutarci a guarire l’Italia e noi da queste due terribili pandemie: quella sanitaria e quella economica che ne deriva”. Così le suore clarisse della cittadina umbra hanno pregato per lui: “Nella messa di oggi – racconta all’Ansa la vicaria, suor Barbara Agnese – abbiamo portato un’intenzione particolare proprio per il presidente Draghi”.

Immancabile il capitolo della bravura a scuola. Il rettore dell’Istituto Massimo, Giovanni La Manna, è andato a scartabellare negli archivi: “Ho trovato indici molto soddisfacenti del suo percorso, come anche viene fuori una bravura in matematica che del resto ha dimostrato poi nella sua carriera professionale”. L’educazione gesuitica ha sviluppato la sua “onestà” e La Manna si dice certo che la missione del presidente del Consiglio incaricato sarà orientata “al bene comune”. Il rettore non si sbilancia sui voti in pagella (“C’è la privacy”), ma a confermare tutto ci sono i compagni di classe. Il più famoso è Giancarlo Magalli che lo ricorda come “intelligente”, “simpatico” e “molto corretto”. Per intendersi: “Non era uno di quelli che faceva la spia al professore”. Draghi è anche uno che sente poco l’incedere degli anni: “Da ragazzino era come adesso, con la sua riga, pettinato come adesso e sempre con quel sorriso che era il suo biglietto da visita”. Renato Andrich, altro compagno di classe, la dice papale papale: “Era uno dei migliori a scuola, eccelleva in tutte le materie”. Più intelligenza che ore e ore sui libri: “Non era affatto un secchione”.

Anzi, aveva anche altri interessi: “Era anche uno sportivo, al Massimo lo eravamo tutti, facevamo tantissime attività sportive”. La pallacanestro, in particolare, la sua passione. Tanto che l’elogio collettivo arriva a coinvolgere anche la Legabasket. Il suo idolo cestistico, racconta, era Bill Bradley, fuoriclasse americano che portò Milano sul tetto d’Europa per poi passare in Nba con la maglia dei New York Knicks. E ora l’evoluzione delle loro strade sembrano intersecarsi di nuovo, visto che Bradley divenne senatore democratico e sfiorò la nomination alla Casa Bianca. Una situazione simile a quella in cui si trova ora Draghi, alla caccia dell’appoggio dei partiti per poi insediarsi a Palazzo Chigi. A capire tutto, raccontano a Monteverde, paese irpino di 750 abitanti, era stato lo zio Fulvio: “Sentirete molto parlare di Mario”. Nel paese natale di sua madre, Draghi ci è andato l’ultima volta dieci anni fa. Ma il gestore di un agriturismo dove si fermò a pranzo, lo ricorda ancora bene. “Apprezzò con gusto i piatti della comune tradizione: ravioli, orecchiette fatte in casa, braciola al sugo”. Occupava già una posizione pubblica di grande rilievo, ma il suo animo non ne aveva risentito: “Riuscì a sciogliere la nostra impacciata deferenza con parole semplici e umili”.

Stesse qualità della moglie, Maria Serena Cappello. La Repubblica informa che le origini sono aristocratiche ma i “suoi modi semplici”. Una coppia riservata e salda. E così anche un momento di nervosismo, come quello fuori dal seggio elettorale nel 2018, viene alleggerito. Il “Dai, sta’ zitta!” urlato da Draghi all’indirizzo della consorte che si intratteneva con i cronisti (vedere per credere) diventa un “discretamente fulminata dallo sguardo di lui”. Una voce dal sen fuggita, nota stonata di una vita in ordine per Supermario come per sua moglie. Sempre Repubblica, ricorda la sua presenza al G7 di Bari, giorni di grandi strappi alle regole: “Si arrotola perfino le maniche del tailleur per omaggiare la preparazione di cavatelli e orecchiette”. Un gesto straordinario, umile, come la fila al supermercato. Sembra di sentire Ugo Fantozzi e il ragionier Filini: “Un santo, un apostolo”.

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