La sovranità monetaria di una nazione non è secondaria e facoltativa: è sovranità del popolo, è democrazia, e quindi è certamente di sinistra e non di destra. L’Europa va bene ma non salverà le nostre finanze. Oggi il debito pubblico italiano su Pil è pari al 160%. Dino Pesole sul Sole 24 Ore scrive che “ci vorranno dieci anni per riportare il debito ai livelli pre-Covid”, cioè al 130% sul Pil. Che era comunque un livello già troppo elevato! L’austerità proseguirà ancora per dieci anni, se tutto va bene. Altrimenti l’Italia fallirà!

Diventa allora indispensabile recuperare sovranità monetaria. Senza sovranità sulla moneta nazionale nessun stato può decidere del proprio bilancio. Il Recovery Plan europeo va benissimo, ma senza emettere titoli fiscali convertibili in euro non usciremo dalla crisi!

Sovranità monetaria vuole dire avere potere decisionale autonomo, essere il “signore” delle proprie finanze – ovviamente non in senso assoluto ma relativo. Una volta il concetto di sovranità era ovvio e ribadirlo era banale: la Costituzione afferma che la sovranità appartiene al popolo, nei limiti dettati dalle leggi costituzionali. Ma senza politica monetaria autonoma la Repubblica è castrata.

Lo stato senza moneta per finanziarsi dipende dalla speculazione finanziaria, dagli investitori istituzionali, dalle banche d’affari, dai fondi speculativi, dai fondi sovrani, dalle società finanziarie e dagli stati più forti, che ovviamente hanno come obiettivo il loro profitto e il loro potere, e non gli interessi della popolazione nazionale. I mercati finanziari sono i veri padroni dell’euro. Avere ceduto completamente la sovranità monetaria ad organismi intergovernativi non eletti, come per esempio la Banca Centrale Europea e la Commissione dell’Unione Europea, è peggio che avere ceduto una regione dell’Italia o una fetta di entrate fiscale.

Keynes non avrebbe mai ceduto il controllo della moneta nazionale ai mercati, come invece voleva l’ultra-liberale Friedrich von Hayek. Nell’ambito dell’eurozona l’unica possibilità di recuperare sovranità monetaria e di rilanciare subito l’economia è emettere dei titoli fiscali convertibili in euro. Senza moneta lo stato italiano è castrato. Dipende dai mercati e dalle politiche e dagli aiuti altrui. Il valore dell’euro dipende solo dai mercati perché a Maastricht è stato deciso che la BCE non può creare moneta per gli stati ma può finanziare solo le banche.

In Gran Bretagna invece, per esempio, la Bank of England, la banca centrale nazionale, stampa sterline per finanziare il governo e comprare i vaccini contro il coronavirus. Noi non possiamo farlo. In Giappone il debito pubblico è pari al 250% del Pil, ma siccome lo stato giapponese può stampare tutti gli yen che vuole, non ha difficoltà a finanziarsi e a ripagare i suoi debiti in yen.

L’austerità europea e il pareggio di bilancio pubblico hanno già strangolato per oltre dieci anni l’economia italiana. Per uscire dalla crisi, per lo sviluppo – per realizzare ospedali, fare ricerca, costruire scuole e università, realizzare reti di telecomunicazioni, ferrovie, costruire ponti e strade senza buche – ogni stato nazionale deve investire; e investire significa fare inizialmente del deficit. Oggi il deficit di bilancio dovuto alla drammatica crisi del coronavirus è coperto dalla BCE. Questa – per non provocare la altrimenti inevitabile subitanea rottura dell’euro – con il pretesto di raggiungere il 2% di inflazione sta finanziando le banche a tasso negativo di interesse perché queste poi finanzino gli stati. Ma, appena ripartirà l’inflazione, il tasso di interesse della BCE aumenterà e lo stato italiano rischierà il fallimento.

Con sovranità monetaria la nostra situazione non sarebbe negativa. La Banca d’Italia (19 gennaio 2020) comunica che “alla fine di settembre 2020 la posizione netta sull’estero dell’Italia era marginalmente creditoria per 3,1 miliardi di euro (0,2% del Pil), dopo oltre 30 anni di continui saldi negativi”. Questo significa che l’Italia non ha più debiti verso l’estero. Al debito pubblico corrisponde un surplus privato e una bilancia commerciale in attivo. “Nei dodici mesi terminanti in novembre 2020 il surplus di conto corrente è stato pari a 58,9 miliardi di euro (il 3,5% del Pil), da 51,2 miliardi nel corrispondente periodo del 2019”. Per comprare le nostre merci, la lira sarebbe molto richiesta.

Questo non significa assolutamente che dobbiamo uscire dall’eurozona. Se facessimo come vogliono i populisti fascistoidi guidati dal presidenzialista Matteo Salvini e ci ritirassimo dall’euro, allora la seconda valuta mondiale di riserva crollerebbe e l’Italia precipiterebbe in una nuova tremenda crisi. C’è però una soluzione alternativa: rimanendo dentro l’eurozona, possiamo recuperare piena sovranità monetaria se il governo emettesse titoli di sconto fiscale, Tsf, subito convertibili in euro ma con scadenza dopo tre anni dall’emissione, per non fare deficit immediato.

Se il governo, senza chiedere soldi ai mercati, distribuisse i Tsf alle famiglie, agli enti pubblici e alle imprese, l’espansione monetaria in euro produrrebbe aumento della spesa pubblica e privata. Così la domanda ripartirebbe e con essa l’economia e l’occupazione. I Tsf alla scadenza, al quarto anno si ripagherebbero da soli. La BCE accetterebbe certamente i nuovi titoli di stato italiani come collaterali. E il consenso popolare sarebbe altissimo.

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