Una maxi retata contro chi, secondo Pechino, ha tentato di “danneggiare la stabilità e la sicurezza della Cina”. A Hong Kong 53 attivisti pro-democrazia sono stati arrestati per presunta violazione della nuova legge sulla sicurezza nazionale dopo aver partecipato alle primarie non ufficiali per la legislatura del territorio lo scorso anno. Un’operazione contro la quale si scaglia l’Unione europea. “Gli arresti coordinati di più di 50 attivisti pro-democrazia invia il segnale che il pluralismo politico non è più tollerato ad Hong Kong”, ha detto Peter Stano, portavoce dell’Alto rappresentante Ue Josep Borrell. “Chiediamo la liberazione immediata delle persone arrestate”, ha aggiunto.

Questi arresti di massa sono stati la più grande mossa contro il movimento per la democrazia di Hong Kong da quando la legge è stata imposta da Pechino lo scorso giugno per reprimere il dissenso nel territorio semi-autonomo. “L’operazione odierna prende di mira gli elementi attivi che sono sospettati di essere coinvolti nel crimine di rovesciare o interferire (e) distruggere seriamente l’esecuzione legale dei doveri del governo di Hong Kong“, ha detto John Lee, ministro della sicurezza di Hong Kong, in un conferenza stampa. E anche la Cina, naturalmente, difende l’operazione. La portavoce del ministero degli Esteri Hua Chunying l’ha definita una misura necessaria secondo cui l’unico danno fatto “è stato a quel tipo di libertà di alcune forze esterne e di individui in collusione tra loro nel tentativo di danneggiare la stabilità e la sicurezza della Cina”.

(immagine d’archivio)

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