“Te piace ‘o presepe?”. Ogni Natale risuona la domanda che Eduardo De Filippo ha messo sulle labbra del protagonista della sua celebre commedia Natale in casa Cupiello. Bambini e grandi, uomini e donne, ma anche credenti e non si fermano davanti alle centinaia di rappresentazioni della nascita di Gesù.

Presepi semplici, a volte realizzati anche con materiali riciclati e come avvenuto nel Natale della pandemia con le mascherine, e artistici, che ogni anno stimolano la fantasia di chi li costruisce. Ma c’è un dibattito perenne che divide chi vorrebbe che la rappresentazione della natività fosse quella classica e chi, invece, è favorevole che essa sia integrata con scene di vita quotidiana e perfino coi personaggi famosi del momento.

Papa Francesco nella lettera apostolica Admirabile signum, richiamando l’immaginazione dei bambini che ‘amano aggiungere al presepe altre statuine che non sembrano avere alcuna relazione con i racconti evangelici’ annota che ciò è il segno che in questo nuovo mondo inaugurato da Gesù c’è spazio per tutto ciò che è umano”. È quanto sottolinea il vescovo di Teramo-Atri, monsignor Lorenzo Leuzzi, nel suo testo Il cambiamento d’epoca nel presepe (Palumbi).

Un volumetto nel quale il presule offre un invito alla lettura proprio della lettera sul presepe firmata da Bergoglio nel dicembre 2019 a Greccio. Nel Natale 2020 monsignor Leuzzi ha donato al Papa il presepe esposto in piazza San Pietro realizzato dal liceo artistico Grue di Castelli, un paesino di un migliaio di abitanti della sua diocesi abruzzese.

Per il vescovo “nel presepe c’è la chiave di lettura, che l’intelligenza può cogliere, di quella realtà stessa dell’essere umano e della società che Papa Francesco invita a scoprire nell’enciclica Fratelli tutti. È l’invito a scoprire il legame tra il presepe e il realismo storico che, nel passaggio dell’epoca del cambiamento al cambiamento d’epoca, non è più facilmente evidente. Occorre quell’intelligenza a cui fa riferimento Papa Francesco”.

Monsignor Leuzzi scrive, inoltre, che “quando Francesco di Assisi ha ideato il presepe non pensava certamente al cambiamento d’epoca, forse neanche all’epoca del cambiamento. Tuttavia, aver voluto che accanto alla grotta fosse visibile la storia concreta di una comunità è il segno che quella nascita non era solo un ricordo, ma un evento decisivo”.

Il presule, infatti, sottolinea che “il presepe non è solo una ripresentazione visiva di un evento datato storicamente, ma è il segno che qualcosa è cambiato nella storia dell’umanità, e non soltanto sul piano religioso o etico-sociale, a tal punto da sollecitare Papa Francesco a ricordare un dato ormai condiviso: la numerazione degli anni è condizionata dall’evento della nascita di quel Bambino che contempleremo nel presepe insieme con Maria e Giuseppe”.

Per monsignor Leuzzi “di fronte al presepe la decisiva domanda è una sola: perché il realismo del presepe è in crisi e l’umanità ha preferito la modernità alla novità, o meglio ha scelto la strada della modernità priva di novità, riducendo il presepe a semplice simbolo della tradizione religiosa o culturale di un popolo o di un continente?”.

Il vescovo risponde che “il presepe non è mai stato, e nemmeno è mai stato pensato da San Francesco, un segno religioso tradizionale. Invece è sempre stato segno di quella novità di cui ci ha parlato Papa Francesco. Diventa segno religioso tradizionale con l’inizio del cambiamento d’epoca nella società. E ciò non in nome del pluralismo religioso, ma per la mancanza di quel realismo storico che avrebbe dovuto liberare il presepe dalla cornice religiosa tradizionale, che è propria dell’epoca del cambiamento, e proiettarlo verso quella novità di cui aveva e ha bisogno il cambiamento d’epoca”.

In definitiva per monsignor Leuzzi “riportare il presepe nell’ambito del religioso tradizionale non è sminuire il suo significato, ma impedire che esso possa servire il cambiamento d’epoca e quindi la modernità. L’invito di Papa Francesco a riscoprire e rivitalizzare il presepe non è un ritorno all’epoca del cambiamento, dove le esperienze religiose tradizionali avevano un significato adeguato alla realtà storica, ma è un invito a ritornare al presepe come luogo di quella novità di cui ha bisogno il cambiamento d’epoca”.

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