Nel presepe napoletano sacro e profano si confondono da sempre. Accanto alla rappresentazione della natività non mancano, infatti, scene di vita quotidiana, personaggi famosi e per il Natale 2020 la statuina di Maradona con le ali. Anche se quest’anno, a causa della pandemia, gli storici artigiani del presepe napoletano stanno soffrendo non poco la crisi economica. Vendite online e spedizioni in tutto il mondo solo l’unica soluzione per arginare il danno causato dal coronavirus che ha reso deserte le botteghe dei presepi tradizionalmente affollatissime prima di Natale.

“Chi pensa che Napoli sia la città per antonomasia del presepe ha assolutamente ragione. Non soltanto per San Gregorio Armeno, l’antico cardo greco-romano in cui il Natale e l’arte dei pastori sono presenti ogni giorno dell’anno, ma anche per alcune importantissime radici storiche che certificano la presenza della sacra rappresentazione all’ombra del Vesuvio in tempi non sospetti”. A scriverlo è Marco Perillo, giornalista de Il Mattino e autore di numerosi bestseller sul capoluogo partenopeo.

Nel suo ultimo libro, intitolato Le incredibili curiosità di Napoli (Newton Compton Editori), Perillo ricorda che “ben prima dei fasti del presepe settecentesco, nel quale i personaggi popolari avevano gli stessi volti, gli stessi abiti e facevano gli stessi mestieri dei cittadini del regno di Carlo di Borbone, già nel Medioevo, il desiderio di rappresentare la nascita di Cristo era una precisa volontà di regnanti e uomini di lavoro. Fu nel corso del Duecento che andarono in scena le prime sacre rappresentazioni sulla nascita di Gesù. Accadde in forma teatrale, a mo’ di presepe vivente, sul sagrato delle chiese. Ben presto, però, esattamente nell’anno 1207, esse furono sospese da Papa Innocenzo III a causa della presenza di alcuni elementi considerati un po’ troppo profani al loro interno. Finché arrivò Francesco d’Assisi che nel 1223 realizzò a Greccio, nel Lazio, un’intensa rappresentazione della nascita di Cristo nel castello del nobile Giovanni Velita, rendendo protagonisti i pastori della zona”.

Non a caso, nel 2019, Papa Francesco ha voluto firmare proprio a Greccio la sua lettera sul presepe, Admirabile signum. Perillo racconta che, proprio dopo l’intuizione del poverello, “il presepe cominciò ad ‘andare di moda’ in lungo e in largo. Tanto che un po’ ovunque s’iniziarono ad avere tracce della sacra rappresentazione della natività. Specie nei luoghi di preghiera come le chiese, attraverso la pittura e la scultura. Da questo punto di vista, una delle meraviglie dimenticate napoletane è la statua lignea della Vergine puerpera conservata nel museo della certosa di San Martino. Si tratta di una Madonna di fatture medievali perfette, decorata in rosso, verde e bianco e risalente al 1325. Un capolavoro dell’arte angioina ispirato alle manifatture toscane, in particolare alle sculture orvietane del senese Lorenzo Maitani”.

Il giornalista spiega che “la Vergine puerpera faceva parte, in origine, di una rappresentazione della natività di cui oggi rimane come solo esempio, ospitata dal monastero di Santa Chiara al quale la pia regina Sancha di Maiorca, moglie di Roberto d’Angiò, nonché terziaria dell’ordine francescano, l’aveva donata. Nell’osservarla, ci colpisce subito per le fattezze regali e ci fa porre non poche domande. Perché non siamo abituati a vedere un’immagine simile di Maria: completamente sdraiata, la mano sul ventre, ritratta subito dopo il parto nell’atto di osservare il bambino, il salvatore del mondo. Era un’iconografia ispirata in parte ai modelli orientali, siriaci, nonché ai Vangeli apocrifi”.

Per Perillo “non è un caso che, in seguito alla Controriforma, l’immagine della Vergine puerpera venne completamente cancellata, effige com’era di una Madre di Dio considerata troppo umana. A ben guardare, però, non c’era nulla per cui scandalizzarsi. Il suo non era affatto un atteggiamento sconcio, ma perfettamente materno, riflessivo. Quello di una donna come tutte rapita dal mistero della natività”.

Eppure oggi sui presepi di ogni parte del mondo si vede davvero di tutto e c’è soprattutto tanto spazio alla creatività per una tradizione da preservare assolutamente, nelle case, nelle scuole e nei luoghi di lavoro. È l’immagine autentica del Natale, che è solo quello cristiano, ovvero la nascita di Gesù. Senza di lui, infatti, il Natale non ha senso e viene ridotto a una sola festa commerciale come ne esistono tante altre.

In questo modo, tra l’altro, non si comprenderebbe perché il Natale dovrebbe suscitare sentimenti di fraternità e di pace nelle persone se non per un lodevole fine filantropico. Come ha, infatti, ricordato recentemente Papa Francesco “la festa del Natale ci ricorda che Gesù è la nostra pace, la nostra gioia, la nostra forza, il nostro conforto. Ma, per accogliere questi doni di grazia, occorre sentirci piccoli, poveri e umili come i personaggi del presepio. Anche in questo Natale, in mezzo alle sofferenze della pandemia, Gesù, piccolo e inerme, è il ‘segno’ che Dio dona al mondo”.

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