Una mamma di Salerno

Sono ormai 50 giorni che i miei figli non vanno a scuola. E non parlo di ragazzi grandi che sono a casa in tutto il Paese, ma dei bambini dell’infanzia, delle elementari e delle medie. Mentre nel dibattito nazionale si parla di apertura o meno delle scuole superiori, qui nel DeLuchistan i piccoli della materna (e gli altri ovviamente) sono in dad dallo scorso febbraio, senza soluzione di continuità. È così che si fa, in tempo di Covid, per lavarsi la coscienza dalle responsabilità. Ma qui si fa di più, molto di più.

Nella nostra Regione, le istituzioni dividono la popolazione in genitori buoni – che vogliono tenere i figli a casa senza se e senza ma in nome delle Sante feste natalizie – e genitori al plutonio – che vogliono per i propri figli la scuola in presenza. La lavagna di tale barbarie è il solito soliloquio social che piuttosto rileva quanto, chi ci dovrebbe governare, è distratto dalla propria voce. Nella nostra Regione si sta consumando un vergognoso scaricabarile tra istituzioni. Chi ha capito il gioco ha lasciato aperto il possibile, mentre chi è totalmente assoggettato alle paturnie governative ha chiuso alla presenza sulla base di fantomatiche “riflessioni” di alcuni dirigenti scolastici che da pubblici ufficiali si stanno trasformando in veri e propri disertori, in questa triste vicenda tutta campana.

Nella nostra Regione si scherza sulla zona rossa che diventa Aglianico e si battezzano i medici con termini quali “farabutti” e “buontemponi”, si etichettano i Ministri con appellativi impronunciabili e ci si assurge non senza blasfemia, al Padreterno. Nella nostra Regione al contrario, il buonsenso diventa anomalia, il disagio è amplificato e migliaia di bambini non connessi sono tagliati fuori definitivamente dal loro diritto all’istruzione e dalla possibilità di uscire fuori da situazioni familiari a volte molto complesse. Nella nostra Regione le decisioni per centinaia di migliaia di famiglie si prendono dalla sera alla mattina, di solito comunicandole su facebook, mettendo in enorme difficoltà le famiglie già tanto provate dal perdurare della situazione pandemica.

Che si fa? Quando sta per scadere un’ordinanza – siamo alla n. 93 per la precisione – ci chiediamo – Prendiamo un permesso dal lavoro o un giorno di ferie? Chiamiamo la babysitter o la nonna? Facciamo lo screening, se dovessimo avere la fortuna che l’irreperibile numero verde Usca funzioni, oppure è inutile allo scopo? Eppure, sembra che nessuno voglia ascoltare la nostra voce, i territori sono totalmente alla mercé della delinquenza, i ragazzi che non hanno la possibilità o la voglia di collegarsi si stanno disperdendo e le donne – soprattutto loro – stanno via via lasciando il posto di lavoro per seguire i bambini piccoli in collegamento. Tutto questo, di là delle battute ormai tediose e stantie, genera un costo sociale e un gap economico che sarà difficilissimo da colmare nel breve termine. Ma soprattutto, il perpetrarsi di questa incresciosa situazione, si configura quale forma inaccettabile di sopruso da parte dell’amministrazione regionale e comunale. E il silenzio assordante del governo ci basisce e ci addolora.

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