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Maradona morto – “Toccò a me dire a Diego era risultato positivo all’antidoping. Capì subito che la sua carriera in Italia era finita”

L'INTERVISTA - Il ricordo di Giorgio Perinetti, l'ex direttore sportivo del Napoli che il 25 marzo 1991 andò nella casa di via Capece a comunicare il controllo antidoping fallito: "Si è toccato con la mano il fianco come se proprio in quel punto sentisse un dolore fisico. Nello stesso istante ha fatto una smorfia che non dimenticherò mai più. È stato un momento doloroso per tutti"
Maradona morto – “Toccò a me dire a Diego era risultato positivo all’antidoping. Capì subito che la sua carriera in Italia era finita”
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Era il 25 marzo 1991. Il Napoli scopre che Diego Armando Maradona è stato trovato positivo ai controlli antidoping. Tocca a Giorgio Perinetti, dirigente del club da tre anni, andare a casa del più forte calciatore al mondo per dargli la notizia. Il direttore arriva in via Capece e gli dice quello che Diego non si aspettava, malgrado tutto. Il giorno prima il Napoli aveva perso 4-1 a Genova con la Sampdoria, Maradona aveva giocato tutta la partita e aveva segnato un inutile gol su rigore. “Purtroppo sono dovuto andare io – ricorda a Ilfattoquotidiano.it Perinetti, oggi ds del Brescia – alle mie parole si è toccato con la mano il fianco come se proprio in quel punto sentisse un dolore fisico. Nello stesso istante ha fatto una smorfia che non dimenticherò mai più. È stato un momento doloroso per tutti. Per lui che aveva capito che la sua carriera in Italia era giunta al termine e per la gente di Napoli. In qualche misura quel breve colloquio ha segnato per sempre anche la mia vita”.

Come si può descrivere Maradona?
Raccontare il calciatore Maradona non è possibile, le cose che ha fatto sul campo sono indescrivibili. A me piace ricordare l’uomo.

Lei lo ha conosciuto quando aveva 28 anni.
Nonostante tutti i suoi eccessi, Diego era un ragazzo straordinariamente sensibile, questo lo voglio sottolineare.

Lo ha visto ancora dopo quell’episodio del ‘91?
Diego l’ho incontrato nuovamente, certo, ma non abbiamo riparlato di quel giorno. Troppo doloroso.

E adesso, direttore?
Dobbiamo ricordare la gioia che ha dato a tutti quelli che amano il calcio.

Non è facile.
Ora i napoletani che con lui avevano un legame unico – non era solo un idolo, era un figlio acquisito – saranno piegati in due dalla sofferenza. Già nel 1991 l’addio di Diego alla città aveva portato ad uno scoramento totale.

La speranza era che ce la facesse anche questa volta.
La notizia della sua morte non è del tutto inaspettata, io però nel mio cuore speravo che vincesse ancora la fine. Una leggenda come lui però non se ne va mai, sopravvive a questo stesso momento triste per tutto quello che ha saputo fare sui campi di calcio e la felicità che ha regalato.

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