La giovane Maria Edgarda Marcucci (Eddi) fu condannata nel marzo 2020 a due anni di sorveglianza speciale dal Tribunale di Torino con un provvedimento fortemente discutibile. La colpa di Eddi? Quella di aver militato nelle Forze di protezione femminile del Rojava (Ypj). Difficile capire la logica del Tribunale di Torino, ammesso e non concesso che ve ne sia una degna di questo nome.

E’ infatti noto come le Forze di protezione, sia femminili (Ypj) che maschili (Ypg), promosse dai kurdi ma che hanno visto la partecipazione di donne e uomini appartenenti ad altre etnie della regione (arabi, assiri, turcomanni, yazidi, ecc.) nonché di un nutrito battaglione internazionalista cui danno il loro apporto volontari provenienti da vari Paesi, abbiano sopportato un notevole peso e dato un contributo essenziale alla sconfitta del Califfato.

Possibile che il Tribunale di Torino ignori questa elementare verità? Il Califfato, raggruppamento islamofascista noto anche con le denominazioni di Isis e di Daesh, costituisce ancora oggi una minaccia per la pace e la democrazia in Medio Oriente e anche in Europa. Ciò è dimostrato dalle recenti stragi avvenute in Francia e in Austria. L’attuale fragilità sociale, economica e politica indotta in tutto il mondo dall’infuriare della pandemia Covid rappresenta un terreno fertile per la ripresa dei conflitti armati in ogni dove, come dimostrano i casi del Nagorno Karabakh e del Tigray. E’ probabile che anche il Califfato ne voglia approfittare per rilanciare le proprie attività.

E’ del resto noto come talune potenze di primissimo e secondo piano abbiano agevolato direttamente e indirettamente la riorganizzazione di tale organizzazione terroristica. Questo è stato infatti il senso principale dell’operazione con la quale all’inizio dell’anno in corso Donald Trump ha deciso e attuato la soppressione fisica del generale Soleimani, che per conto del governo iraniano aveva organizzato la risposta al Califfato ottenendo significativi successi su vari fronti siriani.

La Turchia di Erdogan, dal canto suo, dopo che avrebbe agevolato in ogni modo il reclutamento e il transito sul suo territorio di migliaia di jihadisti che si recavano a combattere in Siria sotto le bandiere islamofasciste, consentendo ai terroristi feriti in combattimento di curarsi nei propri ospedali e di contrabbandare il petrolio e le altre “risorse”, tra le quali le donne yazide ridotte in schiavitù, con le quali si finanziavano, ha scatenato ripetuti attacchi contro le Forze di autodifesa del Rojava che hanno consentito la fuga di migliaia di combattenti del Califfato che erano tenuti prigionieri.

Oggi Erdogan gioca la carta del conflitto di civiltà contro Emmanuel Macron, che a sua volta non ha certo la coscienza pulita, dato il sanguinoso e vergognoso passato colonialista della Francia, che tuttora svolge un ruolo negativo in Africa, appoggiando regimi antipopolari e sostenendo le rivendicazioni del Marocco sul territorio del Sahara occidentale che sono chiaramente contrarie al diritto internazionale.

Al tempo stesso Erdogan, sempre più in crisi sul piano del consenso interno, si avvale delle bande terroristiche jihadiste per intervenire in vari conflitti, da quello libico a quello del Nagorno-Karabakh, mentre avanza pretese di sovranità su porzioni crescenti e ricche di petrolio del Mediterraneo e si prepara forse, in omaggio all’Impero ottomano di cui si ritiene il continuatore, a farsi avanti anche nei Balcani, dove incombono nuovi conflitti – ad esempio nel Kosovo.

In una situazione come quella mediorientale, da sempre segnata da feroci tirannie e scontri interetnici e interreligiosi, la realtà del Rojava ha rappresentato il tentativo di cambiare musica, dando spazio alla democrazia partecipata e all’unità del popolo nelle sue varie componenti. Di tale realtà le Forze di autodifesa cui Eddi ha dato il suo contributo, al pari del giovane Lorenzo Orsetti assassinato dai jihadisti e di tanti altre e altri combattenti internazionalisti, costituisce un aspetto essenziale, garantendo la difesa militare indispensabile a sopravvivere in una situazione del genere.

Le forze di protezione del Rojava non solo hanno garantito la sopravvivenza e la libertà di tutta la popolazione di quel territorio, ma hanno sconfitto il Califfato, facendo fra l’altro parte di un’ampia coalizione in cui anche l’Italia era inserita. Dato tutto quanto premesso, che senso ha l’accanimento del Tribunale di Torino contro Eddi e i suoi compagni?

Non si rendono conto i giudici che punire chi ha combattuto i terroristi e difeso la democrazia significa portare acqua al mulino del terrorismo e destabilizzare la democrazia? Dobbiamo augurarci che i giudici dell’appello, che a breve dovrebbero rendere la propria decisione in merito, se ne rendano conto stabilendo l’eliminazione immediata di ogni misura a carico della giovane combattente.

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