Di un governo non possiamo farne a meno. Ma delle Regioni? La pandemia ha illuminato un’istituzione che ha da sempre goduto di un profilo basso, di un’attenzione dell’opinione pubblica provvisoria e distratta a dispetto delle competenze e della cassa che, anno dopo anno, lievitavano e fungevano da propulsore formidabile per una classe politica intramontabile. Stipata in quella che erroneamente viene considerata la seconda fila del potere, convinta dai soldi (non solo l’indennità di funzione ma la gestione delle molteplici linee di finanziamenti al territorio che l’ente garantisce) a rimanerci il più a lungo possibile. Dieci, anzi mille volte meglio fare l’assessore regionale che il parlamentare, e meglio anche se si dovesse accettare solo la presidenza di una commissione consiliare. Meglio perché i soldi girano, e tanti.

E’ del 2016 la più analitica osservazione dell’indebitamento regionale da parte della Corte dei conti: trentatrè miliardi di debiti complessivi fatturati in pochissimo tempo. Di quell’anno anche lo studio sui riflessi sul debito pubblico delle riforme costituzionali (soprattutto quella del titolo V della Carta): il trasferimento di molti poteri dal centro alla periferia è coinciso con il vertiginoso aumento dell’indebitamento nazionale. Al 2001 era di 1620 miliardi di euro (pari al 108% del Pil), al 2016 è giunto a 2160 miliardi di euro, circa cinquecento in più (pari al 133% del Pil) e siamo sempre lontanissimi da quel che ci aspetta dopo questa devastante crisi (160% e forse più del Pil).

Per capire il livello di responsabilità nella gestione sanitaria basta un dato: l’incidenza sui bilanci regionali, in tempi ordinari, della spesa per ospedali e medicine è stata pari all’83,3 per cento del totale. Praticamente ogni Regione vive per la sanità, spende e spreca per la sanità, assume, promuove per la sanità. La sanità il baricentro dell’attività pubblica, la gallina dalle uova d’oro con un flusso inimmaginabile di denari per acquistare farmaci e attrezzature e un variegato bouquet di promozioni possibili, la costruzione di un vero e proprio notabilato delle direzioni generali delle Asl (potere vasto e assoluto) figlio della linea d’ombra regionale.

La pandemia ha messo finalmente a soqquadro le stanze di un potere da sempre opaco. Che oggi ci presenta il conto.

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