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Ultimo aggiornamento: 17:55 del 20 Ottobre 2020

Covid, Remuzzi: “Negli ospedali ci sono pazienti che possono essere curati a casa o in sedi come Fiera Bergamo e Milano o in strutture in disuso”

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“In questo momento dobbiamo curare in modo assolutamente attento le persone che cominciano ad avere anche pochissimi sintomi di covid. Queste persone vanno curate a casa. Certo, ci vogliono le unità mobili con medici che siano organizzati e vengano a domicilio. Ma allo stato attuale abbiamo negli ospedali pazienti che potrebbero stare a casa o essere curati in sedi come la Fiera di Bergamo e Milano o in ospedali inutilizzati“. Sono le parole pronunciate ai microfoni di InBlu Radio dal direttore dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri, Giuseppe Remuzzi, intervistato da Chiara Placenti.

Il medico spiega: “Dobbiamo concentrarci sull’assistenza a domicilio e sulle rianimazioni, cercando di decongestionare gli ospedali con delle unità di cura intermedia e delle terapie sub-intensive che possono essere allestite in piccoli ospedali, attualmente in disuso o inutili, e riconvertiti in ospedali covid. Non dobbiamo fare l’errore di mettere insieme pazienti covid e pazienti non covid in rianimazione, perché questo priva altri malati della possibilità di essere curati. Ora si registra un fenomeno diverso rispetto al passato – continua – Prima i malati di covid non avevano il coraggio di andare negli ospedali e restavano a casa finché non stavano malissimo. Oggi i pazienti hanno paura di stare a casa, perché hanno visto che gli ospedali sono organizzati. E quindi negli ospedali abbiamo pazienti che potrebbero restare a casa. Possiamo allora ricoverarli in ospedali non utilizzati. Qui possiamo mettere tutti quei pazienti che non se la sentono di stare a casa o che potrebbero infettare i familiari, ma che non sono così gravi da affollare gli ospedali. Ma questo va fatto subito, non abbiamo più tempo di discutere, di fare riunioni, di fare protocolli“.

Remuzzi sottolinea la necessità prioritaria di personale sanitario, anche tra specializzandi medici. E aggiunge: “Se aspettiamo gennaio, potrebbe essere troppo tardi perché può darsi che la situazione sia molto peggio. Perché da un momento all’altro siamo ripiombati in questa situazione critica? Non credo che la scuola c’entri. Sicuramente i punti deboli sono i trasporti, la ripresa delle attività e il fatto che le persone non osservano tutte le regole semplicissime che sappiamo, in primis il distanziamento, che è ancora più importante dell’indossare la mascherina. Adesso – conclude – ci si deve organizzare in modo che anche i trasporti privati siano messi a disposizione degli studenti e dei pendolari in questa condizione di emergenza. E’ chiaro che perderanno dei soldi, però il problema ora è salvare delle vite. Altra raccomandazione: le persone che hanno più di 65 anni e che non hanno attività lavorative devono restare a casa per qualche settimana“.

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